Le Sezioni Unite hanno dichiarato inammissibile il ricorso per cassazione avverso il provvedimento con cui il Giudice di pace dichiara l’inammissibilità del ricorso immediato della persona offesa per la citazione a giudizio. Il Supremo Collegio ha, in proposito, precisato che tale decreto ha natura meramente interlocutoria e processuale che decide sul diritto potestativo della persona offesa di ottenere l’accesso al rito semplificato ed è dunque privo di contenuto decisorio e della capacità di incidere in via definitiva su diritti soggettivi.
Testo Completo:
Sentenza n. 36717 del 26 giugno 2008 - depositata il 25 settembre 2008(Sezioni Unite Penali, Presidente T. Gemelli, Relatore P. Onorato)
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Sentenza n. 36717 del 26 giugno 2008 - depositata il 25 settembre 2008(Sezioni Unite Penali, Presidente T. Gemelli, Relatore P. Onorato)
Svolgimento del procedimento
1 – Con provvedimento reso il 27.2.2007, il Giudice di pace di Bergamo dichiarava inammissibile, ai sensi dell’art. 24 lett. c), in relazione all’art. 21, comma 2, lett. e) del D.Lgs. 28.8.2000 n. 274, il ricorso immediato proposto nell’interesse di Aurelia Corna per ottenere la citazione a giudizio di Giovanni Zanchi, Pamela Zanchi e Annalisa Noris per i reati d’ingiuria e diffamazione (artt. 594 e 595 c.p), nonché di Rino Zanchi per il reato di minacce (art. 612 c.p.). Osservava al riguardo che il ricorso era privo dei requisiti prescritti, perché non conteneva le generalità complete delle persone da citare a giudizio, mancando del luogo e della data di nascita delle medesime.
2 – Il difensore della Corna, con atto depositato il 15.3.2007, ha proposto ricorso per cassazione, deducendo con unico motivo violazione e/o erronea applicazione degli artt. 21, 22, 24 e 26 D.Lgs. 274/2000, e chiedendo l’annullamento del provvedimento impugnato con ogni consequenziale pronuncia. Sostiene al riguardo che per esercitare l’azione penale e civile davanti al giudice di pace ex art. 21 e ss. D.Lgs. 274/2000 non è necessario che la persona offesa indichi anche il luogo e la data di nascita delle persone che intende citare in giudizio, così come non è richiesto per l’esercizio di analoghi strumenti processuali, quali la querela (artt. 336 e ss. c.p.p.), la costituzione di parte civile nel processo penale (art. 78 c.p.p.) e l’atto di citazione per il processo civile (art. 163 c.p.c.). Sostiene altresì la ricorribilità per cassazione dei provvedimenti d’inammissibilità emessi dal giudice di pace ex artt. 24 e 26 D.Lgs. 274/2000; ma aggiunge per completezza che sul punto esiste un contrasto giurisprudenziale, sicché chiede, occorrendo, la rimessione del ricorso alle Sezioni unite di questa Corte.
3 – Il ricorso è stato assegnato alla quinta sezione penale. Il Procuratore generale in sede, con requisitoria scritta del 17.10.2007, ha chiesto dichiararsi la inammissibilità del ricorso in ragione del carattere di decisione non definitiva del provvedimento impugnato. Altrettanto ha chiesto il difensore fiduciario dei citati Zanchi e Noris con memoria depositata il 10.3.2008. La quinta sezione penale, con ordinanza in data 1.4.2008, depositata il 28.4.2008, rilevato il contrasto giurisprudenziale in ordine alla ricorribilità per cassazione del provvedimento impugnato, dopo una puntuale disamina delle ragioni addotte a sostegno dell’uno e dell’altro orientamento, ha rimesso il ricorso alle Sezioni unite, non senza aver rilevato che il contrasto era già stato segnalato in precedenza dall’ufficio del massimario di questa Corte e che un precedente ricorso, riguardante indirettamente la stessa questione, era stato già rimesso alle Sezioni unite, ma era stato poi restituito alla sezione semplice (v. Cass. Sez. V, sent. n. 18845 del 21.11.2006, Battaglia, rv. 236924). Il Primo Presidente, con provvedimento del 12.5.2008, ha fissato per la trattazione davanti alle Sezioni unite l’udienza del 26.6.2008. Il Procuratore generale, con requisitoria del 31.5.2008, ha confermato la precedente richiesta d’inammissibilità del ricorso, ulteriormente argomentando sul carattere interlocutorio e non decisorio del provvedimento impugnato.Motivi della decisione
4 – La questione rimessa a questo Collegio è se sia ammesso il ricorso per cassazione contro il provvedimento col quale il giudice di pace, ai sensi dell’art. 26, comma 2, D.Lgs. 28.8.2000 n. 274, dichiara inammissibile il ricorso immediato per la citazione a giudizio, presentato dalla persona offesa ai sensi dell’art. 21 dello stesso D.Lgs. 274/2000. Giova ricordare che, secondo la speciale disciplina stabilita dal D.Lgs. 274/2000 per il processo penale davanti al giudice di pace, in caso di ricorso immediato della persona offesa per i reati procedibili a querela, il pubblico ministero, entro dieci giorni dalla comunicazione che ne ha ricevuto, presenta le sue richieste al giudice di pace, e, se non esprime parere contrario alla citazione, formula la imputazione (art. 25). Il giudice, scaduto il termine dei dieci giorni, anche se il pubblico ministero non ha presentato richieste, deve provvedere al riguardo con una delle seguenti decisioni (art. 26 e 27): a) se ritiene il ricorso inammissibile per uno dei motivi processuali indicati nell’art. 24 (ricorso presentato fuori termine o fuori dei casi previsti; ricorso privo dei requisiti prescritti o non ritualmente sottoscritto; ricorso che non contiene una sufficiente descrizione del fatto o l’indicazione delle fonti di prova; mancanza di prova della comunicazione del ricorso al pubblico ministero), oppure manifestamente infondato, lo dichiara e trasmette gli atti al pubblico ministero per l’ulteriore corso del procedimento; b) se ritiene che il ricorso riguardi un reato appartenente alla competenza per materia di un altro giudice, lo dichiara con ordinanza e dispone la trasmissione degli atti al pubblico ministero; c) se riconosce la propria incompetenza per territorio, lo dichiara con ordinanza e restituisce gli atti al ricorrente, che nel termine perentorio di dieci giorni ha facoltà di reiterare il ricorso davanti al giudice di pace competente; d) se non deve provvedere in uno dei sensi suindicati, emette decreto di convocazione delle parti davanti a sé. Nei casi , e il procedimento speciale attivato col ricorso si conclude davanti al giudice adito, con la possibilità di essere riattivato davanti ad altro giudice di pace territorialmente competente (nel caso ), o di trasformarsi nel procedimento ordinario davanti allo stesso giudice attraverso atto di citazione diretta emesso dal pubblico ministero ex art. 20 (nel caso ). Nel caso , invece, il procedimento speciale sfocia nel giudizio, che si aprirà con il tentativo obbligatorio di conciliazione e, se il tentativo fallisce, proseguirà con la istruttoria e si concluderà con la sentenza finale (artt. da 29 a 32). In questa ultima ipotesi, attraverso il rito speciale introdotto col ricorso immediato, la persona offesa promuove una sorta di azione penale a formazione progressiva con l’intervento del pubblico ministero, che consente di abbreviare i tempi processuali, risparmiando quelli necessari all’espletamento delle indagini preliminari (di cui agli artt. da 11 a 19). Anche in considerazione della oscillazione terminologica che caratterizza la prassi giudiziaria, preliminarmente è opportuno precisare che il provvedimento d’inammissibilità va configurato come decreto che il giudice di pace emette de plano. Infatti, il citato art. 26 non specifica la forma dei provvedimenti del giudice, salvo che per i casi d’incompetenza per materia o per territorio: in tale ipotesi, secondo la norma, il giudice adito deve provvedere con ordinanza (ovviamente motivata ex art. 125, comma 3, c.p.p.), dichiarando la propria incompetenza e disponendo la trasmissione degli atti al pubblico ministero o la restituzione al ricorrente. Sembra potersi dedurrre che, dove l’art. 26 non prescrive la forma dell’ordinanza, il giudice provvede con decreto inaudita altera parte. Ovviamente, in forza dell’art. 111, comma 6, Cost., anche il decreto deve essere motivato, sia pure sinteticamente, ma non a pena di nullità, giacché l’art. 125, comma 3, c.p.p. riserva questa sanzione ai soli casi in cui essa è espressamente prevista dalla legge. Alla luce di quanto si osserverà in seguito, questa precisazione terminologica non è priva di rilievo nella questione de qua, ove si consideri che, secondo una dottrina tradizionale, il decreto ha contenuto solitamente ordinatorio, non decisorio, essendo strumentale all’ulteriore svolgimento del processo.
la Corte suprema di cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di euro 1.000 a favore della cassa delle ammende.
