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martedì 29 luglio 2008

OBBLIGAZIONI – PECUNIARIE – SVALUTAZIONE MONETARIA – PROVA DEL DANNO

Nel comporre il contrasto di giurisprudenza in ordine alla sufficienza della qualità di imprenditore del creditore ai fini della presumibilità di impieghi antinflattivi della somma non tempestivamente versata dal debitore, le S.U., dopo aver ripercorso la storia dell’evoluzione della giurisprudenza in ordine alla prova del danno da svalutazione monetaria nelle obbligazioni pecuniarie, ha affermato i seguenti principi di diritto: < è fatta salva la possibilità del debitore di provare che il creditore non ha subito un maggior danno o che lo ha subito in misura inferiore a quella differenza, in relazione al meno remunerativo uso che avrebbe fatto della somma dovuta se gli fosse stata tempestivamente versata; il creditore che domandi a titolo di maggior danno una somma superiore a quella differenza è tenuto ad offrire la prova del danno effettivamente subito, quand’anche sia un imprenditore, mediante la produzione di idonea e completa documentazione, e ciò sia che faccia riferimento al tasso dell’interesse corrisposto per il ricorso al credito bancario sia che invochi come parametro l’utilità marginale netta dei propri investimenti; in entrambi i casi la prova potrà dirsi raggiunta per l’imprenditore solo se, in relazione alle dimensioni dell’impresa ed all’entità del credito, sia presumibile, nel primo caso, che il ricorso o il maggior ricorso al credito bancario abbia effettivamente costituito conseguenza dell’inadempimento, ovvero che l’adempimento tempestivo si sarebbe risolto nella totale o parziale estinzione del debito contratto verso le banche; e, nel secondo, che la somma sarebbe stata impiegata utilmente nell’impresa>>.

Testo Completo:
Sentenza n. 19499 del 16 luglio 2008(Sezioni Unite Civili, Presidente V. Carbone, Relatore A. Amatucci)

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