MEDIAZIONE – RIFIUTO DEL CONFERENTE DI CONCLUDERE L’AFFARE – PREVISIONE DELL’OBBLIGO DI CORRISPONDERE COMUNQUE IL COMPENSO – VESSATORIETÀ DELLA CLAUSOLA – APPREZZAMENTO DEL GIUDICE – NECESSITÀ
In tema di mediazione, qualora - per il caso in cui il conferente l’incarico rifiuti di concludere l’affare con il terzo indicato dal mediatore - sia pattuito che quest’ultimo abbia comunque diritto ad un compenso pari a quello previsto per l’ipotesi di conclusione dell’affare, il giudice deve stabilire se tale clausola sia vessatoria, ai sensi dell'art. 1469 bis, comma primo, cod. civ. (ora art. 33, comma primo, codice del consumo), se nel detto patto non sia chiarito che, nell’ipotesi considerata, il compenso al mediatore è dovuto per l’attività sino a quel momento esplicata. Qualora, invece, il rifiuto del conferente tragga origine da circostanze ostative, non comunicate al mediatore al momento del contratto o cui il conferente abbia dato causa successivamente, è configurabile una responsabilità di quest'ultimo per violazione dei doveri di correttezza e buona fede; in tal caso la previsione dell'obbligo di pagare comunque la provvigione può integrare una clausola penale, soggetta al diverso apprezzamento di cui all'art. 1469 bis, comma terzo, n. 6, cod. civ., (ora art. 33, comma secondo, codice del consumo), concernente la presunzione di vessatorietà delle clausole che, in caso di inadempimento, prevedano il pagamento di una somma manifestamente eccessiva.
Testo Completo: Sentenza n. 22357 dell'3 novembre 2010
(Sezione Terza Civile, Presidente L.F. Di Nanni, relatore A. Amatucci)
Condividi
In tema di mediazione, qualora - per il caso in cui il conferente l’incarico rifiuti di concludere l’affare con il terzo indicato dal mediatore - sia pattuito che quest’ultimo abbia comunque diritto ad un compenso pari a quello previsto per l’ipotesi di conclusione dell’affare, il giudice deve stabilire se tale clausola sia vessatoria, ai sensi dell'art. 1469 bis, comma primo, cod. civ. (ora art. 33, comma primo, codice del consumo), se nel detto patto non sia chiarito che, nell’ipotesi considerata, il compenso al mediatore è dovuto per l’attività sino a quel momento esplicata. Qualora, invece, il rifiuto del conferente tragga origine da circostanze ostative, non comunicate al mediatore al momento del contratto o cui il conferente abbia dato causa successivamente, è configurabile una responsabilità di quest'ultimo per violazione dei doveri di correttezza e buona fede; in tal caso la previsione dell'obbligo di pagare comunque la provvigione può integrare una clausola penale, soggetta al diverso apprezzamento di cui all'art. 1469 bis, comma terzo, n. 6, cod. civ., (ora art. 33, comma secondo, codice del consumo), concernente la presunzione di vessatorietà delle clausole che, in caso di inadempimento, prevedano il pagamento di una somma manifestamente eccessiva.
Testo Completo: Sentenza n. 22357 dell'3 novembre 2010
(Sezione Terza Civile, Presidente L.F. Di Nanni, relatore A. Amatucci)
Condividi