DELITTI CONTRO LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – CORRUZIONE IN ATTI GIUDIZIARI – FORMA SUSSEGUENTE – CONFIGURABILITA’
Le Sezioni Unite, chiamate a risolvere il contrasto in ordine alla possibilità di configurare o meno il reato di corruzione in atti giudiziari nella forma susseguente e non solo antecedente, hanno dato risposta affermativa richiamando innanzitutto, in favore di tale soluzione, l’inequivoco dato letterale dell’art. 319 ter cod. pen., caratterizzato dal testuale richiamo a “i fatti indicati negli articoli 318 e 319”, in essi dunque ricompresa anche la forma susseguente; hanno inoltre reputato che la finalità di “favorire o danneggiare una parte in un processo civile, penale o amministrativo”, valorizzata dall’orientamento negativo, non osti in realtà alla conclusione adottata giacché detta finalità, lungi dal riferirsi alla condotta di accettazione o ricezione dell’utilità, deve invece riconnettersi all’atto o al comportamento di natura giudiziaria, evidentemente precedente rispetto alla successiva “retribuzione”; la Corte ha anzi rilevato che detta finalità è di tale preponderanza da condurre alla sostanziale vanificazione della distinzione tra atto contrario ed atto conforme ai doveri di ufficio “rimanendo esponenziale il presupposto che l’autore del fatto sia venuto meno al dovere di imparzialità e terzietà costituzionalmente presidiato”. Più in generale, poi, la predisposizione, attraverso l’introduzione, ad opera della l. n. 86 del 1990, dell’apposita norma dell’art. 319 ter cod. pen., di una più incisiva tutela, rispetto al pregresso, della funzione giurisdizionale, non potrebbe non valere, pena l’irrazionalità dell’intervento normativo, anche per la corruzione susseguente.
Testo Completo: Sentenza n. 15208 del 25 febbraio 2010 - depositata il 21 aprile 2010
(Sezioni Unite Penali, Presidente T. Gemelli, Relatore A. Fiale)
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Le Sezioni Unite, chiamate a risolvere il contrasto in ordine alla possibilità di configurare o meno il reato di corruzione in atti giudiziari nella forma susseguente e non solo antecedente, hanno dato risposta affermativa richiamando innanzitutto, in favore di tale soluzione, l’inequivoco dato letterale dell’art. 319 ter cod. pen., caratterizzato dal testuale richiamo a “i fatti indicati negli articoli 318 e 319”, in essi dunque ricompresa anche la forma susseguente; hanno inoltre reputato che la finalità di “favorire o danneggiare una parte in un processo civile, penale o amministrativo”, valorizzata dall’orientamento negativo, non osti in realtà alla conclusione adottata giacché detta finalità, lungi dal riferirsi alla condotta di accettazione o ricezione dell’utilità, deve invece riconnettersi all’atto o al comportamento di natura giudiziaria, evidentemente precedente rispetto alla successiva “retribuzione”; la Corte ha anzi rilevato che detta finalità è di tale preponderanza da condurre alla sostanziale vanificazione della distinzione tra atto contrario ed atto conforme ai doveri di ufficio “rimanendo esponenziale il presupposto che l’autore del fatto sia venuto meno al dovere di imparzialità e terzietà costituzionalmente presidiato”. Più in generale, poi, la predisposizione, attraverso l’introduzione, ad opera della l. n. 86 del 1990, dell’apposita norma dell’art. 319 ter cod. pen., di una più incisiva tutela, rispetto al pregresso, della funzione giurisdizionale, non potrebbe non valere, pena l’irrazionalità dell’intervento normativo, anche per la corruzione susseguente.
Testo Completo: Sentenza n. 15208 del 25 febbraio 2010 - depositata il 21 aprile 2010
(Sezioni Unite Penali, Presidente T. Gemelli, Relatore A. Fiale)
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