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giovedì 9 ottobre 2008

RESPONSABILITÀ CIVILE - PROFESSIONISTI - ATTIVITÀ MEDICO-CHIRURGICA - PROCESSO MORBOSO TERMINALE - OMESSA DIAGNOSI

La Suprema Corte ha stabilito che l’omissione della diagnosi di un processo morboso terminale, che abbia determinato un ritardo nella possibilità di intervenire con un intervento cd. palliativo, cagiona al paziente un danno alla persona anche per il solo fatto di non aver consentito di alleviare le sue sofferenze, ovvero di evitare che l’esito letale si verificasse anzitempo, con conseguente perdita della chance di vivere anche alcune settimane o mesi in più. Con la stessa decisione, sempre in tema di omessa diagnosi di processo morboso terminale, è poi stato ritenuto danno risarcibile anche il fatto che il malato terminale sia stato privato della possibilità di programmare il proprio essere persona e di esplicare le sue attitudini psico-fisiche, in vista e fino all’esito finale.

Testo Completo:
Sentenza n. 23846 del 18 settembre 2008(Sezione Terza Civile, Presidente M. Varrone, Relatore R. Frasca)
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