Le Sez. U. hanno rivolto alla Corte di giustizia il seguente quesito su questione pregiudiziale:
- Se gli artt. 4, par. 3, 19, par. 1, TUE e 2, par. 1 e 2 e 267 TFUE, letti anche alla luce dell’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, ostino alla interpretazione e applicazione degli artt. 111, ottavo comma, Cost., 360, primo comma, n. 1 e 362 primo comma c.p.c. e 110 c.p.a., nella parte in cui tali disposizioni ammettono il ricorso per cassazione avverso le sentenze del Consiglio di Stato per “motivi inerenti alla giurisdizione” - quale si evince dalla sentenza della Corte costituzionale n. 6 del 2018 e dalla giurisprudenza nazionale successiva che, modifìcando il precedente orientamento, ha ritenuto che il rimedio del ricorso per cassazione, sotto il profilo del cosiddetto “difetto di potere giurisdizionale”, non possa essere utilizzato per impugnare sentenze del Consiglio di Stato che facciano applicazione di prassi interpretative elaborate in sede nazionale confliggenti con sentenze della Corte di giustizia, in settori disciplinati dal diritto dell'Unione europea (nella specie in tema di aggiudicazione degli appalti pubblici) nei quali gli Stati membri hanno ad esercitare i loro poteri sovrani in senso incompatibile con tale diritto, con l 'effetto di determinare il consolidamento di violazioni del diritto comunitario che potrebbero essere corrette tramite il predetto rimedio e di pregiudicare l 'uniforme applicazione del diritto dell'Unione e l 'effettività della tutela giurisdizionale delle situazioni giuridiche soggettive di rilevanza comunitaria, in contrasto con l 'esigenza che tale diritto riceva piena e sollecita attuazione da parte di ogni giudice, in modo vincolativamente conforme alla sua corretta interpretazione da parte della Corte di giustizia, tenuto conto dei limiti alla “autonomia procedurale” degli Stati membri nella conformazione degli istituti processuali.