Con la sentenza in esame, la Corte ha confermato la declaratoria di non doversi procedere per difetto della giurisdizione penale italiana in ordine ai delitti di omicidio e tentato omicidio commessi il 4 marzo 2005 da un militare del contingente militare USA dislocato con la Forza Multinazionale in territorio iracheno, in servizio come artigliere ad un posto di blocco nelle vicinanze dell’aeroporto di Baghdad, in danno di due funzionari del SISMI lì in missione per la liberazione di una giornalista rapita da un gruppo di terroristi islamici e appena liberata, e della medesima giornalista, esplodendo numerosi colpi d’arma da fuoco con un mitragliatore automatico contro l’autovettura sulla quale essi viaggiavano. La Corte, dopo aver puntualmente ricostruito il contesto storico-ordinamentale vigente in Iraq al momento dei fatti, ha sottoposto a critica le argomentazioni giuridiche poste a fondamento della decisione del giudice di prime cure. In particolare, la Corte ha ritenuto non decisivi né il ricorso al principio internazionale consuetudinario della c.d. “legge della bandiera”, del quale ha constatato la progressiva limitazione con l’evolversi dei rapporti internazionali dopo il secondo conflitto mondiale verso un più sofisticato sistema di riparto e regolamentazione delle priorità fra le giurisdizioni concorrenti (v. ad es. Trattato Nato); né il regime di immunità dalla giurisdizione derivante dalla risoluzione n. 1546 dell’8/6/2004 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, diretta piuttosto a disciplinare i rapporti (per così dire “verticali”) tra Stato di invio e Stato di destinazione, ma non lo status dei contingenti multinazionali nei loro rapporti reciproci. Secondo la Corte, deve venire piuttosto in applicazione il principio di diritto internazionale consuetudinario della “immunità funzionale” o ratione materiae dell’individuo-organo dello Stato estero dalla giurisdizione penale di un altro Stato, per gli atti eseguiti jure imperii nell’esercizio dei compiti e delle funzioni a lui attribuiti. Tale principio – ha precisato la Corte - risulterebbe derogabile soltanto in presenza di una “grave violazione” del diritto internazionale umanitario, nella specie non riscontrata, non essendo configurabile nei fatti contestati un “crimine contro l’umanità” o un “crimine di guerra” per l’assenza delle caratteristiche proprie di questi ultimi.
Testo Completo:
Sentenza n. 31171 del 19 giugno 2008 - depositata il 24 luglio 2008(Sezione Prima Penale, Presidente P. Bardovagni, Relatore G. Canzio)
Testo Completo:
Sentenza n. 31171 del 19 giugno 2008 - depositata il 24 luglio 2008(Sezione Prima Penale, Presidente P. Bardovagni, Relatore G. Canzio)