Ultime dalla Cassazione

Sentenze e massime della Corte di Cassazione - Ultimi orientamenti giurisprudenziali.
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sabato 30 maggio 2009

RAPPORTI INTERNAZIONALI – TRATTAMENTO DELLO STRANIERO - CONDIZIONE DI RECIPROCITA’ PREVISTA DALL’ART. 16 DELLE PRELEGGI – AMBITO DI APPLICAZIONE

RAPPORTI INTERNAZIONALI – TRATTAMENTO DELLO STRANIERO - CONDIZIONE DI RECIPROCITA’ PREVISTA DALL’ART. 16 DELLE PRELEGGI – AMBITO DI APPLICAZIONE
L'art. 16 delle disposizioni sulla legge in generale (cc.dd preleggi) sulla condizione di reciprocità è applicabile solo in relazione ai diritti non fondamentali della persona dal momento che i diritti fondamentali, come quelli alla vita, all'incolumità ed alla salute, siccome riconosciuti dalla Costituzione, non possono essere limitati da tale articolo, con la conseguenza che la relativa tutela deve essere assicurata, senza alcuna disparità di trattamento, a tutte le persone, indipendentemente dalla cittadinanza (italiana, comunitaria ed extracomunitaria).

Testo Completo:
Sentenza n. 10504 del 7 maggio 2009
(Sezione Terza Civile, Presidente G. B. Petti e Relatore A. Talevi)

venerdì 29 maggio 2009

PROVA TESTIMONIALE – APPLICAZIONE DEL PRINCIPIO DI INFRAZIONABILITA’ E CONTESTUALITA’ – AMMISSIBILITA’ - CONSEGUENZE IN GRADO DI APPELLO

PROVA TESTIMONIALE – APPLICAZIONE DEL PRINCIPIO DI INFRAZIONABILITA’ E CONTESTUALITA’ – AMMISSIBILITA’ - CONSEGUENZE IN GRADO DI APPELLO
Anche nell'assetto normativo processuale conseguente all'entrata in vigore della legge n. 353 del 1990 (e successive modif.), improntato oltretutto ad un sistema delle preclusioni istruttorie ancor più rigido rispetto al regime processuale precedente, è inammissibile in appello (salvo il ricorso al rimedio della rimessione in termini previsto dall'art. 184 bis cod. proc. civ., qualora ne sussistano le condizioni), per il principio dell'infrazionabilità e della contestualità che la caratterizzano, la prova testimoniale che, anche in modo indiretto, si appalesi preordinata a contrastare, completare o confortare le risultanze di quella già dedotta ed assunta in primo grado, e cioè a determinare, attraverso nuove modalità e circostanze, ovvero per la connessione delle circostanze già provate con quelle da provare, una diversa valutazione dei fatti che sono stati oggetto dello stesso mezzo istruttorio nelle precedenti fasi del processo.

Testo Completo:
Sentenza n. 10502 del 7 maggio 2009
(Sezione Terza Civile, Presidente G.B. Petti e Relatore A. Amendola)

ESPROPRIAZIONE IMMOBILIARE – DECRETO DI TRASFERIMENTO – OPPOSIZIONE ALL’ESECUZIONE DA PARTE DI TERZO – AMMISSIBILITA’ – CONDIZIONI DI FONDATEZZA

ESPROPRIAZIONE IMMOBILIARE – DECRETO DI TRASFERIMENTO – OPPOSIZIONE ALL’ESECUZIONE DA PARTE DI TERZO – AMMISSIBILITA’ – CONDIZIONI DI FONDATEZZA
E' ammissibile e deve essere esaminata nel merito l'opposizione proposta, ai sensi dell'art. 615 cod. proc. civ., avverso l'esecuzione iniziata in base a decreto di trasferimento immobiliare, adottato in virtù dell'art. 586 cod. proc. civ. a seguito di vendita forzata, quando l'opponente, nei cui confronti sia esercitata la pretesa esecutiva e chiesto il rilascio, il quale non si identifichi con il soggetto che ha subito l'espropriazione, si afferma divenuto proprietario del bene immobile oggetto del suddetto decreto in base ad acquisto fattone per usucapione ed asseritamente verificatosi anteriormente all'emissione del decreto di trasferimento in danno dell'espropriato.

Testo Completo:
Ordinanza n. 10609 del 8 maggio 2009
(Sezione Terza Civile, Presidente Roberto Preden e Relatore R. Frasca)

giovedì 28 maggio 2009

RESPONSABILITA’ CIVILE - PROVA - FATTISPECIE RELATIVA AL DISASTRO DI USTICA

RESPONSABILITA’ CIVILE - PROVA - AUTONOMIA DEL PROCESSO CIVILE RISPETTO A QUELLO PENALE – REGOLA DELLA PREPONDERANZA DELL’EVIDENZA O “DEL PIÙ PROBABILE CHE NON” –FATTISPECIE RELATIVA AL DISASTRO DI USTICA
Stante l’autonomia del processo civile rispetto a quello penale anche in materia probatoria, mentre in quest’ultimo vige la regola della prova “oltre il ragionevole dubbio”, nel primo vige la diversa regola della preponderanza dell’evidenza o “del più probabile che non”, con la conseguenza di dover porre a base della decisione sulla responsabilità civile la soluzione derivante dal criterio di probabilità prevalente, la quale riceva comparativamente il supporto logico maggiore sulla base degli elementi di prova. (Nella specie è stata ritenuta non correttamente motivata la decisione della Corte di Appello di Roma che, nel rigettare la richiesta risarcitoria avanzata dall’Aereolinee Itavia s.p.a. contro i Ministeri della Difesa, degli Interni e delle Infrastrutture, aveva acriticamente recepito le conclusioni del giudice penale circa l’impossibilità di attribuire il disastro aereo di Ustica, alternativamente, ad un’esplosione interna per la presenza di un ordigno, al cedimento strutturale dell’aeromobile oppure ad un’esplosione esterna dovuta al lancio di un missile, così omettendo un’autonoma valutazione delle prove secondo i diversi principi civilistici).
RESPONSABILITÀ CIVILE – NESSO DI CAUSALITÀ- COMPORTAMENTO OMISSIVO - OBBLIGO SPECIFICO DI TENERE LA CONDOTTA POSITIVA - FATTISPECIE RELATIVA AL DISASTRO DI USTICA
In tema di responsabilità civile, poichè l'omissione di una condotta rileva, quale condizione determinativa dell'evento dannoso, quando si tratti di omissione di un comportamento di cautela imposto da una norma giuridica specifica, implicante l'esistenza di particolari obblighi di prevenzione dell'evento, una volta dimostrata in giudizio l’esistenza della norma avente ad oggetto l’obbligo di osservare la regola cautelare omessa, non rileva, ai fini dell’esonero dalla responsabilità, che il soggetto tenuto a detta osservanza abbia provato la non conoscenza in concreto dei presupposti di fatto previsti dalla norma medesima. (Nella specie è stata ritenuta non correttamente motivata la decisione della Corte di Appello di Roma che, nel rigettare la richiesta risarcitoria avanzata dall’Aereolinee Itavia s.p.a. contro i Ministeri della Difesa, degli Interni e delle Infrastrutture, pur ammettendo che esistessero precise norme giuridiche che imponevano al Ministero della difesa di assicurare l’obbligo della sicurezza dei cieli e di impedire l’accesso ad aerei non autorizzati, aveva ritenuto necessario, ai fini della condanna, che sussistesse in capo a detto Organo la conoscenza del fatto che nei cieli circolassero aerei pericolosi, posto che la presumibile presenza di detti aerei era proprio ciò che l’adempimento dell’obbligo di sorveglianza, invece omesso, mirava ad evitare).

Testo Completo:
Sentenza n. 10285 del 5 maggio 2009
(Sezione Terza Civile, Presidente Salvatore Senese e Relatore Antonio Segreto)

mercoledì 27 maggio 2009

REATO – CAUSE DI ESTINZIONE DELLA PENA – INDULTO – REVOCA – REATO CONTINUATO – DISCIPLINA

REATO – CAUSE DI ESTINZIONE DELLA PENA – INDULTO – REVOCA – REATO CONTINUATO – DISCIPLINA
Chiamate a decidere "se ai fini della revoca dell'indulto ai sensi dell'art. 4 D.P.R. 394/90 – in caso di condanna per vari reati uniti dal vincolo della continuazione – alcuni (tra i quali il più grave) consumati prima della scadenza del termine per la fruizione del beneficio ed altri successivamente, nei cinque anni dall'entrata in vigore del provvedimento di clemenza – si debba avere riguardo alla pena in concreto irrogata, a titolo di aumento ex art. 81 c. 2 c.p., per ciascun reato ovvero alla sanzione edittale minima per essi prevista, con massima riduzione consentita da eventuali circostanze attenuanti", le Sezioni Unite, accogliendo l'orientamento in precedenza minoritario, hanno affermato che la pena per il reato (od i reati) satellite, suscettibile di comportare la revoca dell'indulto e quindi di precluderne l'applicazione, va individuata nell'aumento inflitto a titolo di continuazione per ognuno di questi, spettando al giudice dell'esecuzione interpretare sul punto il giudicato, qualora in sede di cognizione siano state omesse le singole specificazioni.Il Supremo Collegio ha valorizzato, oltre la ratio di favore dell’istituto, il dato testuale rappresentato dalla circostanza che l'art. 4 DPR 394/90, disciplinando la revocabilità dell'indulto, usi l'espressione "riporti condanna", il che evoca il concetto di pena inflitta dal giudice, ponendosi peraltro in linea con un recente orientamento delle stesse Sezioni Unite (sent. 26.3.2009) che, chiamate a risolvere un contrasto sorto in relazione a fattispecie ove, essendo intervenuta sentenza di condanna non definitiva per un reato continuato, si discuteva circa l'eventuale dichiarazione di inefficacia ex art. 300 co. 4 c.p.p. della custodia cautelare applicata solo per il reato meno grave, hanno ritenuto che, per stabilire "l'entità della pena irrogata", alla quale commisurare la durata della custodia già subita, occorre considerare l'aumento concretamente inflitto ai sensi dell'art. 81 c.p..

Testo Completo:
Sentenza n. 21501 del 23 aprile 2009 - depositata il 22 maggio 2009
(Sezione Unite Penali, Presidente T. Gemelli, Relatore G. Ferrua)

SICUREZZA PUBBLICA - STRANIERI – LOCAZIONE DI ALLOGGIO A STRANIERI PRIVI DI TITOLO DI SOGGIORNO – NECESSITA’ DEL DOLO SPECIFICO – INGIUSTO PROFITTO

SICUREZZA PUBBLICA - STRANIERI – LOCAZIONE DI ALLOGGIO A STRANIERI PRIVI DI TITOLO DI SOGGIORNO – NECESSITA’ DEL DOLO SPECIFICO – INGIUSTO PROFITTO - NOZIONE
Ai fini della configurazione del reato previsto dall'art. 12, comma 5-bis, del D. Lgs. n. 286 del 1998 (testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), che punisce la condotta di chi dà alloggio a titolo oneroso ad uno straniero, privo di titolo di soggiorno, in un immobile di cui abbia la disponibilità, ovvero lo cede allo stesso, anche in locazione, è sempre necessario che ricorra il dolo specifico, costituito dal fine di trarre un ingiusto profitto, che si realizza allorché l’equilibrio delle prestazioni sia fortemente alterato in favore del titolare

Testo Completo:
Sentenza n. 19171 del 7 maggio 2009
(Sezioni Prima Penale, Presidente E. Fazzioli e Relatore U. Zampetti)

LAVORO SUBORDINATO – DECADENZA DALL’IMPUGNATIVA DEL LICENZIAMENTO INDIVIDUALE O COLLETTIVO – EFFETTI

LAVORO SUBORDINATO – DECADENZA DALL’IMPUGNATIVA DEL LICENZIAMENTO INDIVIDUALE O COLLETTIVO – EFFETTI
La decadenza dall’impugnativa del licenziamento, individuale o collettivo, preclude l'accertamento giudiziale dell’illegittimità del recesso e la tutela risarcitoria di diritto comune, venendo a mancare il necessario presupposto, sia sul piano contrattuale, in quanto l’inadempimento del datore di lavoro consista nel recesso illegittimo in base alla disciplina speciale, sia sul piano extracontrattuale, ove il comportamento illecito datoriale consista, in sostanza, proprio e soltanto nell’illegittimità del recesso. Il principio è stato affermato, dalla S.C., in controversia in cui il lavoratore, pur non invocando l’applicazione, in suo favore, dell’art. 18 dello statuto dei lavoratori, aveva esperito unicamente azione risarcitoria per ritenuta illegittimità del comportamento datoriale, ravvisata nel mancato rispetto dei criteri dettati dalla legge n. 223 del 1991 per l’ individuazione dei lavoratori da collocare in mobilità, senza alcuna indicazione, e allegazione, del fatto ingiusto accompagnatosi al licenziamento.

Testo Completo:
Sentenza n. 10235 del 4 maggio 2009
(Sezione Lavoro, Presidente Giuseppe Ianniruberto e Relatore P. Stile)

DONAZIONE - DI COSA ALTRUI - NULLITA' - SUSSISTENZA - TITOLO IDONEO ALL'USUCAPIONE ABBREVIATA - POSSIBILITA' - LIMITI

DONAZIONE - DI COSA ALTRUI - NULLITA' - SUSSISTENZA - TITOLO IDONEO ALL'USUCAPIONE ABBREVIATA - POSSIBILITA' - LIMITI
La donazione dispositiva di un bene altrui, benché non espressamente disciplinata, deve ritenersi nulla alla luce della disciplina complessiva della donazione e, in particolare, dell'art. 771 cod. civ., poiché il divieto di donazione di beni futuri ricomprende tutti gli atti perfezionatisi prima che il loro oggetto entri a comporre il patrimonio del donante; tale donazione, tuttavia, è idonea ai fini dell'usucapione decennale prevista dall'art. 1159 cod. civ., poiché il requisito richiesto da questa norma va inteso nel senso che il titolo deve essere suscettibile in astratto, e non in concreto, di determinare il trasferimento del diritto reale, ossia tale che l'acquisto del diritto si sarebbe senz'altro verificato se l'alienante ne fosse stato titolare.

Testo Completo:
Sentenza n. 10356 del 5 maggio 2009
(Sezione Seconda Sezione Civile, Presidente Rovelli e Relatore Giusti)

TRIBUTARIO – PREAVVISO DI FERMO AMMINISTRATIVO – IMPUGNAZIONE – GIURISDIZIONE TRIBUTARIA - SUSSISTENZA

TRIBUTARIO – PREAVVISO DI FERMO AMMINISTRATIVO – IMPUGNAZIONE – GIURISDIZIONE TRIBUTARIA - SUSSISTENZA
La S.C. ha affermato che il preavviso di fermo amministrativo ex art. 86 del d.P.R. n. 602 del 1973 è impugnabile avanti al Giudice tributario, se riguarda una pretesa dell’ente pubblico di natura tributaria (nella specie relativa ai contributi dovuti ad un consorzio di bonifica), anche quando l’azione sia stata introdotta prima della modifica dell’art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992 ad opera dell’art. 35, comma 25-quinquies, del d.l. n. 223 del 2006, che ha incluso il fermo tra gli atti impugnabili avanti al Giudice tributario.

Testo Completo:
Sentenza n. 10672 del 11 maggio 2009
(Sezioni Unite Civili, Presidente Vincenzo Carbone e Relatore R. Botta)

ESTRADIZIONE PER L’ESTERO – MISURA CAUTELARE ADOTTATA DAL PAESE RICHIEDENTE – COMPUTABILITÀ DELLA CUSTODIA CAUTELARE SOFFERTA IN ITALIA – ESCLUSIONE –

ESTRADIZIONE PER L’ESTERO – MISURA CAUTELARE ADOTTATA DAL PAESE RICHIEDENTE – COMPUTABILITÀ DELLA CUSTODIA CAUTELARE SOFFERTA IN ITALIA – ESCLUSIONE – FATTISPECIE
In tema di estradizione “processuale” per l’estero, il periodo di custodia cautelare sofferta in Italia in attesa del giudizio di estradizione non puo’ essere computato nel periodo massimo di detenzione preventiva previsto dall’ordinamento giuridico dello Stato richiedente. A tale riguardo, la Corte ha osservato, in linea generale, che il principio della computabilità della custodia cautelare subita all’estero in conseguenza di una domanda di estradizione è stabilito dall’ordinamento italiano con riferimento alla sola estradizione dall’estero (cd. “attiva”) e non anche in materia di estradizione per l’estero (cd. “passiva”). (Fattispecie relativa ad un mandato di cattura “a termine“ emesso dall’autorità giudiziaria romena e finalizzato al successivo rilascio di un mandato di cattura europeo ai sensi della L. n. 302/2004 della Repubblica di Romania).

Testo Completo:
Sentenza n. 20955 del 19 maggio 2009
(Sezione Sesta Penale, Presidente Adolfo Di Virginio e Relatore F. Ippolito)

ESECUZIONE PER RILASCIO – AVVANUTA CONCLUSIONE CON L’IMMISSIONE IN POSSESSO DELL’ESECUTANTE – SUSSISTENZA

ESECUZIONE PER RILASCIO – AVVANUTA CONCLUSIONE CON L’IMMISSIONE IN POSSESSO DELL’ESECUTANTE – SUSSISTENZA
L'esecuzione per rilascio di immobile si esaurisce con la immissione della parte procedente nel possesso dello stesso, secondo le modalità indicate nel secondo comma dell'art. 608 cod. proc. civ., senza che, a tal fine, abbia alcuna rilevanza l'accordo tra l'esecutante e l'esecutato intervenuto all'esito della suddetta operazione da parte dell'ufficiale giudiziario circa la concessione di un termine al secondo per l'asporto degli arredi e di quant'altro contenuto nel locale oggetto del rilascio. (Nella specie, la S.C., sulla scorta dell'enunciato principio, ha confermato la sentenza impugnata con la quale era stata rigettata un'opposizione all'esecuzione per rilascio di un locale fondata su ordinanza di convalida di licenza per finita locazione, sul presupposto che l'esecuzione si sarebbe dovuta considerare conclusa con l'intervenuta immissione in possesso del proprietario esecutante, senza che potesse avere, al riguardo, alcun rilievo l'accordo raggiunto dalle parti in sede di accesso con il quale ci si era limitati a regolare convenzionalmente la sorte dei beni mobili appartenenti alla società esecutata e non soggetti ad esecuzione forzata, così esonerando l'ufficiale giudiziario dal rendere i provvedimenti previsti dall'art. 609 cod. proc. civ.).

Testo Completo:
Sentenza n. 10310 del 5 maggio 2009
(Sezione Terza Civile, Presidente Luigi Francesco Di Nanni e Relatore Giovanni Federico)

DEMANIO MARITTIMO – ARENILE – RICOMPRENSIONE – SDEMANIALIZZAZIONE TACITA – INAMMISSIBILITA’

DEMANIO MARITTIMO – ARENILE – RICOMPRENSIONE – SDEMANIALIZZAZIONE TACITA – INAMMISSIBILITA’
Nel demanio marittimo è incluso, oltre il lido del mare e la spiaggia, anche l'arenile, ovvero quel tratto di terraferma che risulti relitto dal naturale ritirarsi delle acque, e la sua natura demaniale - derivante dalla corrispondenza con uno dei beni normativamente definiti negli artt. 822 cod. civ. e 28 cod. nav. - permane anche qualora una parte di esso sia stata utilizzata per realizzare una strada pubblica, non implicando tale evento la sua sdemanializzazione, così come la sua attitudine a realizzare i pubblici usi del mare non può venir meno per il semplice fatto che un privato abbia iniziato ad esercitare su di esso un potere di fatto, realizzandovi opere e manufatti (oltretutto senza il permesso della competente Pubblica Amministrazione, come verificatosi nella specie). Del resto, per i beni appartenenti al demanio marittimo, non è possibile che la sdemanializzazione sia realizzabile in forma tacita, risultando necessaria, ai sensi dell'art. 35 cod. nav., l'adozione di un espresso e formale provvedimento della competente autorità amministrativa, avente carattere costitutivo.

Testo Completo:
Sentenza n. 10817 del 11 maggio 2009
(Sezione Seconda Civile, Presidente Luigi Rovelli e Relatore A. Giusti)

sabato 23 maggio 2009

TRIBUTI – VENDITA PARTECIPAZIONE AZIONARIA INFRAGRUPPO – ELUSIONE TRIBUTARIA – CONFIGURABILITA’

TRIBUTI – VENDITA PARTECIPAZIONE AZIONARIA INFRAGRUPPO – ELUSIONE TRIBUTARIA – CONFIGURABILITA’
Dalla portata della norma antielusiva, prevista dall'art. 37 bis del d.P.R. n. 600 del 1973, che non presuppone un comportamento fraudolento per ottenere un risparmio di imposta, essendo sufficiente un uso improprio, ingiustificato o deviante - perchè non sorretto da valutazioni economiche diverse dal profilo fiscale - di un legittimo strumento giuridico, la Corte ha desunto che la plusvalenza derivante dalla vendita di una partecipazione azionaria totalitaria all'interno dello stesso gruppo societario è soggetta al regime di tassazione ordinario, essendo la suddetta cessione inopponibile all'amministrazione finanziaria ai sensi del suddetto art. 37.

Testo Completo:
Sentenza n. 8487 del 8 aprile 2009
(Sezione Quinta Civile, Presidente Mario Cicala e Relatore A. Merone)

TRIBUTI – VENDITA PARTECIPAZIONE AZIONARIA INFRAGRUPPO – ELUSIONE TRIBUTARIA – CONFIGURABILITA’

TRIBUTI – VENDITA PARTECIPAZIONE AZIONARIA INFRAGRUPPO – ELUSIONE TRIBUTARIA – CONFIGURABILITA’
Ai fini dell'accertamento delle imposte sui redditi, i contratti di "sale and lease back" di beni ammortizzabili posti in essere tra due società del medesimo gruppo - assumendo rilievo l'unità del gruppo rispetto alla personalità giuridica delle singole società che lo compongono - sono privi di ragioni economiche, indipendentemente dalla loro liceità sul piano civilistico; pertanto, attraverso un comportamento abusivo mediante l'utilizzazione di norme fiscali di favore per fini diversi da quelli per cui sono state create, realizzano una elusione tributaria.

Testo Completo:
Sentenza n. 8481 del 8 aprile 2009
(Sezione Quinta Civile, Presidente Mario Cicala e Relatore A. Meloncelli)

TRIBUTI – IVA – RIMBORSO A SOGGETTI DOMICILIATI IN STATI ESTERI NON COMUNITARI – CONDIZIONI DI RECIPROCITA’

TRIBUTI – IVA – RIMBORSO A SOGGETTI DOMICILIATI IN STATI ESTERI NON COMUNITARI – CONDIZIONI DI RECIPROCITA’
La Corte, pronunciandosi con riferimento al rimborso dell’IVA a soggetto domiciliato e residente in Svizzera, ha riconosciuto sussistente la condizione di reciprocità - prevista dall'art. 38 ter, secondo comma, del d. P. R. n. 633 del 1972 e introdotta nell'ordinamento italiano (art. 30, l. n. 428 del 1990) sulla base della possibilità attribuita agli Stati membri dalla direttiva del Consiglio n. 86/560/CEE - rispetto alla imposta sulla cifra degli affari esistente in Svizzera prima che venisse sostituita con l'IVA, ritenendo che, sia il legislatore comunitario che quello italiano, hanno qualificato indifferentemente l'imposta come imposta sugli affari, imposta sulla cifra degli affari ed imposta sul valore aggiunto.

Testo Completo:
Sentenza n. 8428 del 7 aprile 2009
(Sezione Quinta Civile, Presidente Enrico Papa e Relatore Eugenia Marigliano)

TRIBUTI – IMPOSTA DI REGISTRO – CONVENZONE TRA ENTE PUBBLICO E SOCIETA’ CONCESSIONARIA – APPLICAZIONE

TRIBUTI – IMPOSTA DI REGISTRO – CONVENZONE TRA ENTE PUBBLICO E SOCIETA’ CONCESSIONARIA – APPLICAZIONE
La Corte ha riconosciuto l’applicazione dell’imposta di registro alla convenzione stipulata tra un ente pubblico e una società concessionaria privata, con la quale il primo eroga sovvenzioni per la realizzazioni di progetti di interesse pubblico, avendo l'atto registrato contenuto patrimoniale, sia per la riconducibilità dell'attività esercitata dalla società all'esercizio di un'impresa (non esclusa dall'esistenza di una concessione), sia per la natura patrimoniale di contributi e sovvenzioni.

Testo Completo:
Sentenza n. 7455 del 27 marzo 2009
(Sezione Quinta Civile, Presidente Enrico Altieri e Relatore F. Ruggiero)

RISARCIMENTO DANNI – INTESTAZIONE FIDUCIARIA DI CONTO CORRENTE – DANNO CAGIONATO A TERZI DALL’EFFETTIVO TITOLARE – RESPONSABILITA’ DEL FIDUCIARIO

RISARCIMENTO DANNI – INTESTAZIONE FIDUCIARIA DI CONTO CORRENTE – DANNO CAGIONATO A TERZI DALL’EFFETTIVO TITOLARE – RESPONSABILITA’ DEL FIDUCIARIO – CONFIGURABILITA’
Nel caso di intestazione fiduciaria di un conto corrente, l'intestatario fiduciario del conto è tenuto, per il fatto stesso di apparire verso i terzi come l'intestatario, e a maggior ragione per il fatto di non averne la concreta gestione, ad esercitare la necessaria vigilanza in ordine al rispetto da parte dell'effettivo utilizzatore degli accordi presi. Conseguentemente, qualora l'intestatario ometta di esercitare tale vigilanza, disinteressandosi completamente della gestione del conto e l'altro soggetto utilizzi il conto corrente per realizzare un illecito in danno di terzi, l'intestatario del conto corrente può rispondere sul piano causale a titolo di imprudenza e negligenza, ai sensi dell'art. 2043 cod. civ., del danno cagionato a terzi per effetto dell'illecito.

Testo Completo:
Sentenza n. 8127 del 3 aprile 2009
(Sezione Terza Civile, Presidente S. Senese e Relatore R. Frasca)

CONCORRENZA – ATTI DI CONCORRENZA SLEALE – VENDITA DI PRODOTTI DI STOCCAGGIO DELLO STESSO MARCHIO – ESCLUSIONE

CONCORRENZA – ATTI DI CONCORRENZA SLEALE – VENDITA DI PRODOTTI DI STOCCAGGIO DELLO STESSO MARCHIO – ESCLUSIONE
La vendita da parte della ditta produttrice e la successiva commercializzazione di prodotti aventi lo stesso marchio, ma facenti parte del campionario e/o viziati da imperfezioni, e per questo venduti con rilevante abbattimento del prezzo, non integra concorrenza sleale, ai sensi dell'art. 2598 cod. civ., attesa la diversa qualità e la diversa presentazione al pubblico dei prodotti, destinati a un mercato parallelo di commercializzazione mediante stoccaggio.

Testo Completo:
Sentenza n. 8507 del 8 aprile 2009
(Sezione Prima Civile, Presidente Vincenzo Carbone e Relatore S. Toffoli)

RISARCIMENTO DANNI – PROTESTO ILLEGITTIMO DI TITOLI DI CREDITO – PRESCRIZIONE - DECORRENZA

RISARCIMENTO DANNI – PROTESTO ILLEGITTIMO DI TITOLI DI CREDITO – PRESCRIZIONE - DECORRENZA
Il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno da illegittimo protesto di un titolo di credito (nella specie cambiale-tratta) decorre dalla data dell'avvenuta pubblicazione del bollettino dei protesti, al quale è fisiologicamente attribuita la funzione di pubblicità notizia, che coincide con il momento in cui il danno si manifesta all'esterno, divenendo oggettivamente percepibile e conoscibile

Testo Completo:
Sentenza n. 7212 del 25 marzo 2009
(Sezione Prima Civile, Presidente M. G. Luccioli e Relatore C. Piccininni)

RISARCIMENTO DANNI – PROTESTO ILLEGITTIMO DI ASSEGNI – DANNO ALLA REPUTAZIONE - CONDIZIONI

RISARCIMENTO DANNI – PROTESTO ILLEGITTIMO DI ASSEGNI – DANNO ALLA REPUTAZIONE - CONDIZIONI
In continuità rispetto alla sentenza del 2008 in tema di danno non patrimoniale (S.U. n. 26972), la Corte ha affermato, rispetto al risarcimento del danno da illegittimo protesto di assegno bancario, che la semplice illegittimità del protesto (ove accertata), pur costituendo un indizio in ordine alla esistenza di un danno alla reputazione, da valutare nelle sue diverse articolazioni, non è di per sé sufficiente per la liquidazione del danno, essendo necessarie la gravità della lesione e la non futilità del danno, da provarsi anche mediante presunzioni semplici, fermo restando l'onere del danneggiato di allegare gli elementi di fatto dai quali possa desumersi l'esistenza e l'entità del pregiudizio.

Testo Completo:
Sentenza n. 7211 del 25 marzo 2009
(Sezione Prima Civile, Presidente M. G. Luccioli e Relatore C. Piccininni)

venerdì 22 maggio 2009

TRIBUTI - ESENZIONE IVA – CONCESSIONE DI BENI IMMOBILI DEL DEMANIO MARITTIMO - SUSSISTENZA

TRIBUTI - ESENZIONE IVA – CONCESSIONE DI BENI IMMOBILI DEL DEMANIO MARITTIMO - SUSSISTENZA
La Corte, applicando il principio affermato in sede di rinvio pregiudiziale dalla Corte di Giustizia (sentenza 25 ottobre 2007, in C-174/2006), ha stabilito, in riferimento all’esenzione dell’IVA - prevista dall'art. 10, n. 8 del d.P.R. n. 633 del 1972 - che il rapporto di concessione di beni immobili del demanio marittimo rientra nella nozione comunitaria di <> (ai sensi dell'art. 13, parte B, lett. b), della sesta direttiva 77/388/CEE), da intendersi come il rapporto nel quale un soggetto conferisce ad un altro, per una durata convenuta e dietro corrispettivo, il diritto di occupare un immobile in modo esclusivo, senza che assuma rilievo il regime giuridico di diritto amministrativo del procedimento e dell'atto conclusivo, secondo l'ordinamento italiano.

Testo Completo:
Sentenza n. 6138 del 13 marzo 2009
(Sezione Quinta Civile, Presidente e Relatore Enrico Altieri)

mercoledì 20 maggio 2009

MISURE CAUTELARI – PERSONALI – PRIMA ORDINANZA EMESSA NELL’AMBITO DI UN PROCEDIMENTO CONCLUSOSI CON SENTENZA IRREVOCABILE

MISURE CAUTELARI – PERSONALI – PRIMA ORDINANZA EMESSA NELL’AMBITO DI UN PROCEDIMENTO CONCLUSOSI CON SENTENZA IRREVOCABILE - APPLICABILITA' DEL MECCANISMO DI CUI ALL’ART. 297, COMMA 3 C.P.P. – ESCLUSIONE
Le Sezioni unite, risolvendo un contrasto giurisprudenziale, hanno stabilito che il meccanismo di computo dei termini di durata delle misure cautelari previsto dal terzo comma dell’art. 297 c.p.p. (cd. "contestazione a catena") non si applica al caso in cui la precedente ordinanza cautelare sia stata emessa nell’ambito di un procedimento conclusosi con sentenza divenuta irrevocabile prima dell’adozione della seconda misura.

Testo Completo:
Sentenza n. 20780 del 23 aprile 2009 - depositata il 18 maggio 2009
(Sezione Unite Penali, Presidente T. Gemelli, Relatore G. Canzio)

mercoledì 13 maggio 2009

RAPPORTI GIURISDIZIONALI CON AUTORITA' STRANIERE - MAE - CONSENSO ALLA CONSEGNA - DECISIONE DI CONSEGNA - COMPETENZA

RAPPORTI GIURISDIZIONALI CON AUTORITA' STRANIERE - MAE - CONSENSO ALLA CONSEGNA - DECISIONE DI CONSEGNA - COMPETENZA
La Corte ha stabilito che competente all’emissione dell’ordinanza di consegna è sempre la corte di appello, anche in presenza del consenso prestato dalla persona nell’udienza di convalida dell’arresto. Così decidendo, la Corte ha escluso che l’impropria espressione contenuta nell’art. 14, comma 5 della legge n. 69 del 2005 (“L'ordinanza emessa dal presidente della corte di appello ai sensi del comma 4 è depositata tempestivamente in cancelleria…”) abbia attribuito tale competenza al presidente, trattandosi di una delle varie inesattezze tecniche riscontrabili nella suddetta legge.

Testo Completo:
Sentenza n. 19318 del 6 maggio 2009 - depositata il 7 maggio 2009
(Sezione Sesta Penale, Presidente G. Lattanzi, Relatore L. Lanza)

PROVE - INTERCETTAZIONI - ADOZIONE DI PROVVEDIMENTO CAUTELARE PERSONALE - DEPOSITO DELLE REGISTRAZIONI - DIRITTI DELLA DIFESA

PROVE - INTERCETTAZIONI - ADOZIONE DI PROVVEDIMENTO CAUTELARE PERSONALE - DEPOSITO DELLE REGISTRAZIONI - DIRITTI DELLA DIFESA
Sulla scorta della sentenza n. 336 del 2008, con la quale la Corte costituzionale ha dichiarato l’incostituzionalità dell’art. 268 c.p.p., “nella parte in cui non prevede che, dopo la notificazione o l’esecuzione dell’ordinanza che dispone una misura cautelare personale, il difensore possa ottenere la trasposizione su nastro magnetico delle registrazioni di conversazioni o comunicazioni intercettate, utilizzate ai fini dell’adozione del provvedimento cautelare, anche se non depositate”, la Corte di cassazione ha annullato con rinvio l’ordinanza del tribunale del riesame che, nel confermare il provvedimento coercitivo, aveva disatteso le eccezioni di inutilizzabilità delle intercettazioni per la mancata consegna delle trasposizioni su supporto informatico delle registrazioni, richieste in tempo congruo dalla difesa.

Testo Completo:
Sentenza n. 19150 del 26 marzo 2009 - depositata il 7 maggio 2009
(Sezione Sesta Penale, Presidente G. De Roberto, Relatore A. M. Fazio)

ESTRADIZIONE PER L'ESTERO - ESTENSIONE DELL'ESTRADIZIONE - NUOVO TITOLO RESTRITTIVO - NECESSITA' - ESCLUSIONE

ESTRADIZIONE PER L'ESTERO - ESTENSIONE DELL'ESTRADIZIONE - NUOVO TITOLO RESTRITTIVO - NECESSITA' - ESCLUSIONE
Ai fini della estensione dell’estradizione di persona già consegnata allo Stato richiedente, l’esistenza di un nuovo titolo restrittivo non costituisce un presupposto della domanda, dovendo l’autorità richiesta stabilire solo, in forza del principio di specialità dell’estradizione, se questa possa essere estesa anche ad altri fatti di rilevanza penale che non formavano oggetto della precedente domanda e che siano temporalmente anteriori alla consegna.

Testo Completo:
Sentenza n. 19147 del 10 marzo 2009 - depositata il 7 maggio 2009
(Sezione Sesta Penale, Presidente G. De Roberto, Relatore G. Conti)

DELITTI CONTRO LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE - DIRIGENTI COMUNALI - QUALIFICA PUBBLICISTICA

DELITTI CONTRO LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE - DIRIGENTI COMUNALI - QUALIFICA PUBBLICISTICA
In relazione all’abuso d’ufficio commesso da un Sindaco nel revocare, per mero spirito di ritorsione, al comandante della locale polizia municipale l’incarico di dirigente del settore della polizia locale e del commercio, la Corte ha stabilito che, anche dopo la privatizzazione del rapporto di lavoro dei pubblici dipendenti, non è mutata la natura pubblicistica della funzione svolta e dei poteri esercitati dai dirigenti amministrativi e, con essa, la qualifica di pubblico ufficiale rilevante ai fini dell’art. 357 c.p.

Testo Completo:
Sentenza n. 19135 del 2 aprile 2009 - depositata il 7 maggio 2009
(Sezione Sesta Penale, Presidente G. De Roberto, Relatore C. Citterio)

PROVE – PERIZIA - NOMINA - INCARICO COLLEGIALE - CONDIZIONI

PROVE – PERIZIA - NOMINA - INCARICO COLLEGIALE - CONDIZIONI
Con la decisione in esame, la Corte – in una fattispecie nella quale il Presidente del tribunale aveva provveduto alla liquidazione del compenso per l’esame di 6000 fucili da parte di due consulenti tecnici del P.M. - si pronuncia per la prima volta sull’esegesi della disciplina dettata dall’art. 53 del d.P.R. n. 115 del 2002 e, premessa la necessità di distinguere tra incarico “necessariamente” collegiale ed incarico “eventualmente” collegiale, ha affermato che mentre il primo è quello conferito a più soggetti con varie competenze “necessariamente” da svolgersi in gruppo quando il caso richieda il concorso di conoscenze tecniche diversificate (sicchè il compenso per ciascun professionista deve avere una base quantitativa di certezza non affidata alla discrezionalità del magistrato liquidatore: art. 53, comma quarto), nel secondo, invece, il ricorso ad un collegio di periti o consulenti tecnici è meramente eventuale e può essere ovviato attraverso una maggiore precisione all’atto del conferimento dell’incarico salvo, ove se ne ravvisi la necessità, di fornire un’apposita motivazione che giustifichi la nomina di più soggetti e, laddove non siano richieste competenze diversificate, potendosi giustificare un aumento affidato alla discrezionalità del giudice, cui spetterà il compito di calibrare l’effettivo impegno richiesto per l’espletamento dell’incarico (art. 52).

Testo Completo:
Sentenza n. 18356 del 1° aprile 2009 - depositata il 5 maggio 2009
(Sezione Terza Penale, Presidente G. De Maio, Relatore G. Mulliri)

RISARCIMENTO DEL DANNO – RESPONSABILITA' DELL'ALBERGATORE - CONFIGURABILITA' DELLA COLPA - INAPPLICABILITA' DELLA LIMITAZIONE RISARCITORIA

RISARCIMENTO DEL DANNO – RESPONSABILITA' DELL'ALBERGATORE - CONFIGURABILITA' DELLA COLPA - INAPPLICABILITA' DELLA LIMITAZIONE RISARCITORIA EX ART. 1783 U.C. COD. CIV.)
In tema di responsabilità dell’albergatore per deterioramento, distruzione o sottrazione delle cose portate in albergo, non può essere applicata la limitazione nell’ammontare del risarcimento dovuto al cliente stabilita nell’art. 1783 cod. civ. ultimo comma ma deve riconoscersi la colpa dell’albergatore e il conseguente obbligo risarcitorio pieno ex art. 1785 bis cod. civ., nel caso in cui venga sottratta una pelliccia di visone, prelevata dal deposito custodito per la necessità di partire in un’ ora incompatibile con la fruizione del servizio a causa della limitazione dell’orario di apertura, dalla camera di un cliente durante la notte alla presenza degli occupanti addormentati e senza segni di effrazione e forzatura della porta d’ingresso, perché pur non essendo esigibile l’attivazione di un sistema di custodia dei beni di valore dei clienti ventiquattro ore su ventiquattro, i rischi della limitazione oraria non possono riversarsi sul cliente soprattutto se a tale incompletezza del servizio si uniscano lacune nella sorveglianza dei locali e un difetto di vigilanza sull’accesso in albergo e alle singole camere e sulla custodia delle chiavi o dei passepartout delle camere

Testo Completo:
Sentenza n. 10493 del 7 maggio 2009(Sezione Terza Civile, Presidente G. B. Petti, Relatore R. Lanzillo)

TESTAMENTO - CONDIZIONE - DI MATRIMONIO - ILLICEITA' - COAZIONE DI DIRITTI FONDAMENTALI - SUSSISTENZA

TESTAMENTO - CONDIZIONE - DI MATRIMONIO - ILLICEITA' - COAZIONE DI DIRITTI FONDAMENTALI - SUSSISTENZA
La condizione, apposta ad una disposizione testamentaria, che subordini l'efficacia della stessa alla circostanza che l'istituito contragga matrimonio, è ricompresa nella previsione dell'art. 634 cod. civ. ed è, pertanto, illecita, in quanto contraria al principio della libertà matrimoniale tutelato dagli artt. 2 e 29 della Costituzione. Essa, pertanto, si considera non apposta, salvo che non abbia costituito l'unico motivo determinante della volontà del testatore, nel qual caso rende nulla la disposizione testamentaria.

Testo Completo:
Sentenza n. 8941 del 15 aprile 2009(Sezione Seconda Civile, Presidente A. Elefante, Relatore M. R. San Giorgio)

lunedì 11 maggio 2009

Sentenze

Ultime dalla Cassazione
Sentenze e massime della Corte di Cassazione - Ultimi orientamenti giurisprudenziali
E' possibile scaricare il testo completo della sentenza (in formato pdf) cliccando sul link posizionato sotto la massima

sabato 9 maggio 2009

RESPONSABILITA’ CIVILE – AMMINISTRAZIONE PUBBLICA - IN GENERE

RESPONSABILITA’ CIVILE – AMMINISTRAZIONE PUBBLICA - IN GENERE
Nel caso di omessa o tardiva attuazione di direttive comunitarie, il diritto degli interessati al risarcimento dei danni in ragione del ritardo non ha natura extracontrattuale ma indennitaria per attività non antigiuridica dello Stato, derivando da una obbligazione “ex lege” dello Stato, e il relativo risarcimento prescinde dalla sussistenza del dolo o della colpa e deve essere determinato in modo da assicurare un’idonea compensazione della perdita subita, restando soggetto all’ordinario termine decennale di prescrizione.

Testo Completo:
Sentenza n. 9147 del 17 aprile 2009 (Sezioni Unite Civili, Presidente P. Vittoria, Relatore P. Picone)

mercoledì 6 maggio 2009

MISURE DI SICUREZZA - CONFISCA PER EQUIVALENTE - FRODE INFORMATICA - PROFITTO PROCURATO AD UN TERZO - APPLICABILITA'

MISURE DI SICUREZZA - CONFISCA PER EQUIVALENTE - FRODE INFORMATICA - PROFITTO PROCURATO AD UN TERZO - APPLICABILITA'
La Corte ha stabilito, con riferimento al reato di frode informatica, che può costituire oggetto di confisca per equivalente a norma dell’art. 640 quater c.p. anche il valore corrispondente al profitto procurato ad altri, ancorché non indagati in ordine al reato per cui si procede. Nella specie, era stato disposto il sequestro per equivalente di beni appartenenti ad una commercialista che, in concorso con funzionari dell’Agenzia delle entrate, aveva ottenuto, intervenendo abusivamente nel sistema informatico dell’anagrafe tributaria, uno sgravio fiscale in favore dei suoi clienti.

Testo Completo:
Sentenza n. 16669 dell'11 marzo 2009 - depositata il 17 aprile 2009(Sezione Sesta Penali, Presidente A. Agro', Relatore C. Citterio)

MISURE CAUTELARI - SEQUESTRO PREVENTIVO - PLURIMI SEQUESTRI SUL MEDESIMO BENE PER REATI CONCORRENTI - NE BIS IN IDEM

MISURE CAUTELARI - SEQUESTRO PREVENTIVO - PLURIMI SEQUESTRI SUL MEDESIMO BENE PER REATI CONCORRENTI - NE BIS IN IDEM
La Corte ha affermato che, alla luce del principio del ne bis in idem, sussiste una preclusione procedimentale quando siano attivate più misure cautelari reali aventi ad oggetto lo stesso bene e volte alla salvaguardia della medesima esigenza cautelare, ancorché relative a concorrenti imputazione di reato ciascuna delle quali in astratto legittimante l’adozione della misura.

Testo Completo:
Sentenza n. 16668 dell'11 marzo 2009 - depositata il 17 aprile 2009(Sezione Sesta Penali, Presidente A. Agro', Relatore C. Citterio)

COMPETENZA TERRITORIALE DEROGABILE – SENTENZA DI INCOMPETENZA – REGOLAMENTO DI COMPETENZA – ACCERTAMENTI D’UFFICIO DELLA CORTE DI CASSAZIONE

COMPETENZA TERRITORIALE DEROGABILE – SENTENZA DI INCOMPETENZA – REGOLAMENTO DI COMPETENZA – ACCERTAMENTI D’UFFICIO DELLA CORTE DI CASSAZIONE
In sede di regolamento di competenza avverso sentenza dichiarativa dell'incompetenza del giudice adito con riferimento ai criteri di competenza territoriale derogabile, la Corte di cassazione, cui appartiene il potere di riscontrare la competenza o meno del giudice adito ancorché per ragioni diverse da quelle sostenute dalla parte ricorrente, è tenuta ad accertare d'ufficio l'osservanza del disposto dell'art. 38, comma terzo, cod. proc. civ. con riguardo alla rituale e valida proposizione dell'eccezione di incompetenza, che pur espressamente esaminata e decisa in senso affermativo dalla sentenza, non sia adeguatamente censurata dal ricorrente, che si limiti a contestare la declinatoria di incompetenza sotto il profilo dell'inesatta applicazione dei criteri di collegamento della competenza territoriale.

Testo Completo:
Ordinanza n. 9783 del 24 aprile 2009(Sezione Terza Civile, Presidente R. Preden, Relatore R. Frasca)

ESECUZIONE PER RILASCIO – PROVVEDIMENTI EX ART. 609 COD. PROC. CIV. – FUNZIONE – CONSEGUENZE
Nell'ambito dell'esecuzione forzata per rilascio di immobili, i provvedimenti adottati dal giudice ai sensi dell'art. 609 cod. proc. civ. non sono propriamente funzionali al rilascio, ma solo ad assicurare la custodia di beni che non costituiscono oggetto dell'esecuzione forzata, e sono, dunque, rivolti a superare contingenti e temporanee difficoltà attinenti all'esecuzione del rilascio stesso senza poterlo impedire, con la conseguenza che essi non risolvono, di norma, questioni relative all'"an"o al "quomodo" di detta esecuzione, che risultano, invece, rispettivamente deducibili con i rimedi dell'opposizione all'esecuzione e agli atti esecutivi. (Nella specie, la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso per cassazione proposto avverso un provvedimento del giudice dell'esecuzione con cui lo stesso si era limitato a revocare un precedente ordine dato all'ufficiale giudiziario di asportare determinati beni dall'immobile oggetto del rilascio forzato, escludendosi, pertanto, che potesse ad esso attribuirsi la natura giuridica di sentenza resa su opposizione all'esecuzione o agli atti esecutivi).

Testo Completo:
Ordinanza n. 9599 del 22 aprile 2009(Sezione Terza Civile, Presidente e Relatore P. Vittoria)

GIUDIZIO – RINVIO EFFETTUATO FUORI UDIENZA – NOTIFICAZIONE ALL’IMPUTATO CONTUMACE – MODALITA’

GIUDIZIO – RINVIO EFFETTUATO FUORI UDIENZA – NOTIFICAZIONE ALL’IMPUTATO CONTUMACE – MODALITA’
Con la pronuncia in esame la Corte afferma che la notifica all’imputato contumace del decreto con cui, in applicazione dell’art. 465 cod. proc. pen., il giudice abbia a rinviare il dibattimento “fuori udienza”, può essere effettuata al difensore del medesimo, non essendo necessaria la notifica personale.

Testo Completo:
Sentenza n. 17218 del 3 marzo 2009 - depositata il 23 aprile 2009.
(Sezione terza penale, Presidente E. Lupo, Relatore S. Amoresano)

MISURE CAUTELARI – ADOZIONE SUCCESSIVA ALLA PRONUNCIA DELLA SENTENZA DI CONDANNA – NECESSITA’ DELL’INTERROGATORIO DI GARANZIA – ESCLUSIONE

MISURE CAUTELARI – ADOZIONE SUCCESSIVA ALLA PRONUNCIA DELLA SENTENZA DI CONDANNA – NECESSITA’ DELL’INTERROGATORIO DI GARANZIA – ESCLUSIONE
Le Sezioni Unite hanno escluso che, nel caso in cui la custodia cautelare venga disposta per la prima volta dopo la pronuncia della sentenza di condanna, sia necessario procedere all’interrogatorio di garanzia dell’imputato, previsto dall’art. 294 cod. proc. pen.; oltre a ragioni fondate sulla lettera della norma, espressamente riferita alla necessità di adozione dell’interrogatorio fino alla dichiarazione di apertura del dibattimento, la Corte ha richiamato, a fondamento della decisione, ed in consonanza con recenti decisioni della Corte costituzionale intervenute sulla medesima questione (ordinanze nn. 267 e 359 del 2008), le ragioni sistematiche discendenti dalla pienezza del contraddittorio e dall’immanente presenza dell’imputato quali elementi caratterizzanti il giudizio e perciò tali, in definitiva, da escludere la necessità dell’interrogatorio anche nella fase postdibattimentale.

Testo Completo:
Sentenza n. 18190 del 22 gennaio 2009 - depositata il 4 maggio 2009(Sezioni Unite Penali, Presidente T. Gemelli, Relatore G. Marasca)Udita in camera di consiglio la relazione fatta dal consigliere dottor Gennaro Marasca , che ha illustrato lo svolgimento del procedimento ed i motivi del ricorso ; Udito il Pubblico Ministero in persona dell’avvocato generale dottor Giovanni Palombarini , che ha concluso per il rigetto del ricorso ; La Corte di Cassazione osserva :In data 17 maggio 2005 il Tribunale del riesame di Catania , in seguito ad annullamento con rinvio della Corte di Cassazione , annullava l’ordinanza cautelare di custodia in carcere disposta il 23 ottobre 2003 nei confronti di La Mari Mario per insufficienza degli indizi a suo carico .In data 22 giugno 2007 il Tribunale di Catania condannava il La Mari alla pena di anni tredici di reclusione per i delitti di cui agli articoli 73 e 74 del DPR 309/90 aggravati dalla circostanza di cui all’articolo 7 della legge 203 del 1991 .Il giorno successivo – il 23 giugno 2007 - alla pronuncia della citata sentenza il Tribunale emetteva , su richiesta del Pubblico Ministero , ordinanza impositiva della misura cautelare della custodia in carcere nei confronti del La Mari per i reati per i quali era stata pronunciata condanna .Con provvedimento emesso il 9 luglio 2007 il Tribunale del riesame di Catania confermava l’ordinanza cautelare , specificando che l’impugnazione del La Mari doveva essere qualificata come riesame ex articolo 309c.p.p. , trattandosi di applicazione ex novo della misura cautelare disposta sulla base di sopravvenuti nuovi elementi raccolti nel corso del dibattimento ; con lo stesso provvedimento il Tribunale non esaminava la eccezione di perdita di efficacia della misura cautelare per la dedotta violazione dell’articolo 294c.p.p. , perché sottratta al controllo del giudice del riesame . In seguito ad istanza , con la quale il La Mari , riproposta l’eccezione di inefficacia della misura per omesso interrogatorio di garanzia , chiedeva la rimessione in libertà , il Tribunale di Catania , con ordinanza emessa in data 1 agosto 2007 , disattendeva l’eccezione e , conseguentemente , rigettava l’istanza , ritenendo l’ipotesi di specie quale ripristino della misura custodiale ex articolo 307 comma II lettera b) c.p.p. . Con ordinanza del 23 aprile 2008 , il Tribunale del riesame rigettava l’appello del La Mari ex articolo 310c.p.p. , perché , pur trattandosi di misura cautelare nuova, l’interrogatorio di garanzia costituiva adempimento non dovuto , essendo l’ordinanza impositiva stata emessa dopo la conclusione del giudizio di primo grado . Con il ricorso per cassazione La Mari Mario deduceva la violazione di legge , la omessa ed illogica motivazione del provvedimento impugnato , la errata interpretazione ed applicazione della legge processuale penale , ed il travisamento degli atti processuali .Sosteneva in particolare il ricorrente che il contraddittorio del dibattimento , destinato , secondo l’ordinanza impugnata , ad offrire esaustiva sede di valutazione e confronto di quelle stesse ragioni dell’indagato dispiegabili in sede di interrogatorio di garanzia , doveva intendersi circoscritto alla pretesa punitiva ed alla questione di merito concernenti l’addebito esposto nel decreto che dispone il giudizio non potendo , invece , riguardare la novità della insorgenza della “res cautelanda” e le esigenze cautelari . La VI Sezione della Corte , assegnataria del procedimento , pronunciava , in data 6 novembre 2008 , ordinanza ex articolo 618c.p.p. con cui rimetteva il ricorso alle Sezioni Unite Penali di questa Corte .Osservava il Collegio che , trattandosi di misura cautelare emessa ex novo all’esito del giudizio di primo grado conclusosi con sentenza di condanna dell’imputato e non di ripristino di una precedente misura divenuta inefficace , non era possibile fare riferimento agli approdi giurisprudenziali ( Cass. , Sez. I penale , n. 30383 del 2003 e Cass. , Sez. I penale , n. 41204 del 2006 ) che avevano stabilito la non necessità dell’interrogatorio di garanzia in caso di ripristino da parte del giudice del dibattimento della misura cautelare .La Corte , dopo avere ricordato che in un caso del tutto analogo il giudice di legittimità ( Cass. , Sez. VI penale , n. 12287 del 2004 ) aveva affermato la non necessità dell’interrogatorio di garanzia essenzialmente perché le esigenze sottese all’interrogatorio ex articolo 294c.p.p. restavano assorbite dalla pienezza del contraddittorio e dalla immanente presenza dell’imputato caratterizzanti la sede processuale del giudizio , riteneva non potersi condividere siffatto indirizzo dovendosi rimarcare la inidoneità della fase del giudizio a garantire la possibilità per l’indagato di esporre le ragioni attinenti alla eventuale mancanza delle esigenze cautelari .Il giudice rimettente individuava , inoltre , tratti di analogia dell’ipotesi sottoposta al suo esame con la situazione che aveva dato luogo alla sentenza di illegittimità costituzionale dell’articolo 294 , comma I , c.p.p. nella parte in cui lo stesso non prevedeva che fino all’apertura del dibattimento il giudice procedesse all’interrogatorio della persona in stato di custodia cautelare in carcere ( Corte Costituzionale n. 32 del 1999 ) , e ciò in ragione del lungo lasso di tempo intercorrente tra la trasmissione degli atti e l’inizio del dibattimento , situazione del tutto analoga all’intervallo di tempo tra richiesta di rinvio a giudizio ed udienza preliminare , oggetto già di una pronuncia di incostituzionalità dell’articolo 294c.p.p. ( Corte Costituzionale n. 77 del 3 aprile 1997 ) .Infine la Corte rimettente ricordava che la stessa Corte Costituzionale ( n. 32 del 1999 citata ) aveva richiamato a conforto della decisione la Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali che imponeva , all’articolo 5, la più tempestiva presa di contatto con il giudice della persona arrestata o detenuta , a prescindere dalla fase procedimentale in cui la privazione della libertà fosse avvenuta . Il Presidente Aggiunto della Corte di Cassazione assegnava, con decreto del 21 novembre 2008, il ricorso alle Sezioni Unite Penali, che sono state chiamate a rispondere al seguente quesito :“Se sia necessario procedere all’interrogatorio di garanzia dell’imputato nel caso in cui la custodia cautelare sia disposta per la prima volta dopo la sentenza di condanna” . I motivi posti a sostegno del ricorso proposto da La Mari Mario non sono fondati.Al quesito di diritto posto dalla sesta Sezione Penale , infatti , deve essere data , per le ragioni di seguito indicate , risposta negativa , nel senso che non è necessario procedere all’interrogatorio di garanzia di cui all’articolo 294 , comma I , c.p.p. , dell’imputato nel caso in cui la custodia cautelare venga disposta per la prima volta dopo la sentenza di condanna . Appare opportuno premettere che non sembra ravvisabile nella giurisprudenza di legittimità un effettivo contrasto di giurisprudenza sulla questione portata all’attenzione delle Sezioni Unite .Il problema prospettato , in effetti , si inserisce nella più generale questione della necessità o meno dell’interrogatorio di garanzia nella fase dibattimentale , perché in entrambi i casi l’interrogatorio di garanzia dovrebbe essere effettuato in un momento successivo alla dichiarazione di apertura del dibattimento , che , a norma dell’articolo 294c.p.p. – “fino alla dichiarazione di apertura del dibattimento……” - , costituisce il limite ultimo per l’espletamento dell’incombente .Orbene la Corte di Cassazione ha costantemente affermato la non necessità dell’interrogatorio di garanzia in caso di misura cautelare disposta dopo una sentenza di condanna ( Cass. , Sez. I penale , 13 ottobre 1992 n. 4016 , Polito , rv. 192891 ; Cass. , Sez. I penale , 12 gennaio 2000 , n. 5705 , Emmanuello , rv. 215201 ; Cass. , Sez. VI penale , 26 febbraio 2004 , n. 12287 , Di Mauro , rv. 228476 ; Cass. , Sez. VI penale , 26 febbraio 2004 , n. 25044 , Patané ed altri , rv. 229597 ; Cass. , Sez. VI penale , 26 febbraio 2004 , n. 15881 , Quattrociocchi ed altro , rv. 228823 ) .Non risultano , invece , sentenze che abbiano affermato esplicitamente il contrario , anche se due sentenze ( Cass. , Sez. II penale , 27 marzo 1991 , n. 9037 , Piscitello ed altro , rv. 188133 ; e Cass. , Sez. I penale , 11 marzo 1993 , n. 10381, Stolder , rv. 194691 ) , nell’affrontare il tema dell’omesso previo interrogatorio ex articolo 302c.p.p. ai fini della riemissione di misura caducata da un non effettuato interrogatorio ex articolo 294c.p.p. , hanno affermato la non necessità del previo interrogatorio solo allorquando , attraverso l’esame dibattimentale , l’imputato abbia avuto ….piena cognizione degli elementi di prova a suo carico e l’opportunità di discolparsi e di esporre quanto poteva essere utile per la valutazione della sua personalità e delle modalità del fatto al fine di stabilire la permanenza o meno delle condizioni di cui agli articoli 273 , 274 e 275c.p.p. .Da alcuni si è ritenuto che le due pronunce richiamate da ultimo avessero voluto enunciare un principio generale adattabile anche alla questione controversa in discussione e che , pertanto , fossero espressione di un indirizzo minoritario della giurisprudenza di legittimità .Non si è considerato , però , che le due situazioni sono ben diverse perché nella ipotesi come quella in esame si tratterebbe di introdurre l’obbligo dell’interrogatorio di garanzia nella fase dibattimentale non previsto , anzi escluso , dal legislatore , mentre nella ipotesi di cui all’articolo 302c.p.p. si tratta di giustificare la omissione di un atto – il previo interrogatorio prima della riemissione della misura – imposto da detta norma , e ritenuto dalla Corte superfluo per essere già stato effettuato un esame dibattimentale , equipollente all’interrogatorio ex articolo 294c.p.p. . Pur non potendosi ravvisare un contrasto giurisprudenziale in atto il Collegio rimettente ha ritenuto di intravedere la possibile insorgenza di un contrasto riscontrando tratti di analogia tra la situazione sottoposta al vaglio delle Sezioni Unite e quella che aveva dato luogo alla sentenza di illegittimità costituzionale dell’articolo 294 , comma I c.p.p. nella parte in cui lo stesso non prevedeva che fino all’apertura del dibattimento il giudice procedesse all’interrogatorio della persona in stato di custodia in carcere , nella ipotesi in cui la misura fosse stata eseguita dopo il rinvio a giudizio dell’imputato ( Corte Costituzionale , sentenza n. 32 del 1999 ) .In siffatta situazione – come si è già ricordato - aveva osservato la Corte Costituzionale che l’intervallo di tempo tra la trasmissione degli atti e l’inizio effettivo del dibattimento avrebbe potuto essere contrassegnato da una estensione anche lunga , che avrebbe irragionevolmente compromesso la finalità dell’istituto dell’interrogatorio di garanzia , consistente nel rendere possibile il tempestivo contatto tra la persona arrestata ed il giudice .D’altronde ad analoghe conclusioni – incostituzionalità dell’articolo 294 comma I c.p.p. nella parte in cui non era previsto l’interrogatorio di garanzia dopo la richiesta di rinvio a giudizio - era pervenuta la Corte Costituzionale ( sentenza n. 77 del 1997 ) in considerazione del notevole intervallo di tempo intercorrente tra la richiesta di rinvio a giudizio e la celebrazione dell’udienza preliminare .Orbene anche l’intervallo di tempo tra la pronuncia della sentenza di primo grado e la celebrazione del giudizio di appello avrebbe potuto essere particolarmente lungo , impedendo così il contatto tempestivo tra giudice ed arrestato ; evidente , pertanto , secondo il Collegio rimettente , la analogia tra la situazione in esame e quelle già scrutinate dalla Corte Costituzionale e la necessità , quindi , di interpretare l’articolo 294c.p.p. in modo costituzionalmente corretto prevedendo la necessità dell’interrogatorio di garanzia anche nel caso di applicazione della misura per la prima volta dopo la pronuncia di una sentenza di condanna , con conseguente contrasto con la giurisprudenza maggioritaria della Corte di Cassazione , che aveva escluso , come ricordato , siffatto adempimento nelle ipotesi di emissione della misura dopo la dichiarazione di apertura del dibattimento . La tesi del Collegio rimettente , dunque , non può essere condivisa .Per risolvere correttamente la questione sottoposta al vaglio delle Sezioni Unite appare utile fermare l’attenzione sulle vicende relative all’articolo 294 più volte citato e sulle finalità dell’istituto dell’interrogatorio di garanzia .In effetti la previsione processuale di procedere entro un breve termine di legge all’interrogatorio di persona sottoposta a misura cautelare personale , pena la caducazione della misura stessa , già era contemplata dall’articolo 365c.p.p. del 1930 , così come modificato dall’articolo 10 della legge 28 luglio 1984 n. 398 .L’interrogatorio era essenzialmente visto come strumento di difesa ( vedi SS.UU. penali 16 aprile 1988 , n. 5 , Campione ) e come momento di verifica della legittimità della misura cautelare ; l’incombente , secondo la prevalente interpretazione , condivisa anche da parte della dottrina , doveva essere esperito dal giudice istruttore , o dal pubblico ministero nel caso di istruttoria sommaria , ( vedi Cass. , Sez. I penale , 6 novembre 1990 , n. 3760 , Incognito , rv. 185869 ). La direttiva n. 60 della legge delega n. 81 del 1987 per l’approvazione del nuovo codice di procedura penale prevedeva l’interrogatorio di garanzia nella fase delle indagini preliminari . Ed , infatti , vennero introdotti l’articolo 294c.p.p. , che nell’incipit del primo comma stabiliva nel corso delle indagini preliminari il giudice ……procede all’interrogatorio della persona in stato di custodia cautelare in carcere , e l’articolo 302c.p.p. , che prevedeva , e prevede ancora oggi , la perdita di efficacia della misura se il giudice non procede immediatamente all’interrogatorio nei termini previsti dall’articolo 294 citato , ovvero non oltre cinque giorni dall’inizio della esecuzione della custodia . Senonché il dibattito dottrinale e giurisprudenziale sviluppatosi in ordine alla collocazione cronologica dell’interrogatorio di garanzia determinò due importanti decisioni della Corte Costituzionale , già richiamate .Con la prima ( sentenza n. 77 del 1997 ) la Corte Costituzionale ritenne eccessivo il lasso di tempo di trenta giorni ( il termine è , peraltro , ordinatorio ) tra la richiesta di rinvio a giudizio del Pubblico Ministero e l’udienza preliminare , nella ipotesi in cui la misura cautelare fosse stata applicata o eseguita dopo la conclusione delle indagini preliminari , e ritenne l’interrogatorio ex articolo 294c.p.p. differente rispetto a quello previsto dall’articolo 421c.p.p. per la udienza preliminare , attenendo il primo alla legittimità dello status custodiae ed il secondo al merito dell’accusa .Inoltre la Corte Costituzionale ritenne l’interrogatorio di garanzia non sostituibile con quello di cui all’articolo 299 dello stesso codice previsto in caso di istanza di revoca o sostituzione della misura .Siffatta situazione determinava , secondo la Corte Costituzionale , il contrasto della disposizione , prevista , come detto , dall’articolo 294c.p.p. , “nel corso delle indagini preliminari” , dichiarata , pertanto , illegittima perché in contrasto con gli articoli 3 e 24 della Costituzione .A conforto della tesi sostenuta la Corte Costituzionale richiamava anche disposizioni di carattere internazionale , ovvero l’articolo 9 del paragrafo 3 del Patto Internazionale relativo ai diritti civili e politici del 1966 e l’articolo 5 del paragrafo 3 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali del 1950 ( quest’ultima disposizione richiede la più tempestiva presa di contatto con il giudice della persona arrestata o detenuta ) . Con una successiva decisione ( sentenza n. 32 del 1999 ) – giova ribadirlo - la Corte Costituzionale pervenne alle medesime conclusioni per quanto concerne il lasso temporale intercorrente tra il rinvio a giudizio dell’imputato e l’apertura del dibattimento , che avrebbe privato per un tempo irragionevolmente lungo l’arrestato del contatto con il giudice . Le due menzionate pronunce della Corte Costituzionale determinarono l’intervento del legislatore , che , con l’articolo 2 del decreto legge n. 29 del 1999 , convertito nella legge n. 109 del 1999 , sostituì le parole iniziali dell’articolo 294c.p.p. “nel corso delle indagini preliminari” con le parole “fino alla dichiarazione di apertura del dibattimento” . Il breve excursus chiarisce in modo inequivocabile che , in base alla previsione legislativa , dopo la dichiarazione di apertura del dibattimento non è previsto l’interrogatorio di garanzia e che , pertanto , anche nella ipotesi in discussione di misura disposta dopo la sentenza di condanna in primo grado siffatto adempimento non è previsto .Si tratta certo di un rilievo formale fondato sulla lettera della norma , ma non certo irrilevante perché il sistema codicistico che disciplina le misure cautelari risulta costruito con l’analitica previsione degli adempimenti da compiere nelle varie fasi della procedura cautelare , con una tendenziale pretesa di completezza , proprio perché tali norme interferiscono con diritti fondamentali del cittadino costituzionalmente protetti ( così SS. UU. penali , 18 dicembre 2008 – 4 febbraio 2009 , Giannone , rv. 242028 ) .Così , in tema , oltre alla previsione dell’indefettibile obbligo di interrogatorio dopo l’esecuzione della misura previsto dall’articolo 294c.p.p. , esistono altre norme che ne prevedono l’obbligo o la facoltà : l’articolo 299 comma III ter c.p.p. prevede la possibilità che il giudice possa procedere all’interrogatorio nel caso di revoca o sostituzione della misura e prevede obbligatoriamente l’adempimento quando l’istanza di revoca o sostituzione sia fondata su elementi nuovi o diversi ; ed ancora : l’articolo 302 del medesimo codice prevede l’obbligo di interrogatorio per emettere una nuova misura quando quella precedentemente applicata sia divenuta inefficace . Da tutto quanto detto finora risulta evidente che per rendere obbligatorio l’immediato interrogatorio dell’arrestato anche dopo la dichiarazione di apertura del dibattimento , ed a maggior ragione dopo la pronuncia della sentenza di condanna di primo grado , sarebbe necessario sollevare una nuova questione di legittimità costituzionale dell’articolo 294c.p.p. o prospettare una interpretazione analogica che adegui la norma al dettato costituzionale , individuando una medesima ragione giustificatrice che fondi questo tipo di estensione .E difatti nella ordinanza di rimessione si intravede una analogia tra la situazione che si viene a creare con la adozione o la esecuzione di una misura cautelare dopo la pronuncia della sentenza di condanna di primo grado ed il conseguente , anche lungo , tempo necessario per la celebrazione del processo di appello e del contatto con il giudice , e le situazioni esaminate dalla Corte Costituzionale con le citate sentenze nn. 77 del 1997 e 32 del 1999 . Si tratta però di una impostazione non corretta se soltanto si pone mente alla funzione dell’interrogatorio di garanzia ed alla struttura e funzione della istruttoria dibattimentale .L’istituto disciplinato dall’articolo 294c.p.p. è diretto a verificare se permangono le condizioni di applicabilità della misura cautelare , ed in particolare la gravità indiziaria , che potrebbe venire scalfita dalle dichiarazioni difensive della persona sottoposta alle indagini , o imputata se è già stata esercitata l’azione penale , e le esigenze cautelari , che potrebbero venire meno in seguito alle prospettazioni difensive .Si tratta , quindi , di un adempimento che consente alla persona sottoposta alla misura cautelare di prospettare immediatamente le ragioni difensive in merito a tutti i presupposti per l’applicazione ed il mantenimento della stessa . Orbene il legislatore ha ritenuto che le esigenze difensive indicate potessero essere pienamente soddisfatte con la celebrazione del dibattimento , fase processuale che consente all’imputato , nella pienezza del contraddittorio che caratterizza l’assunzione delle prove a carico ed a discarico , di prospettare al giudice tutte le ragioni difensive , anche attraverso l’esame o le dichiarazioni spontanee di cui all’articolo 494c.p.p. .E’ certo vero che i due istituti – interrogatorio di garanzia ed esame dibattimentale dell’imputato – non sono del tutto sovrapponibili e svolgono anche funzioni diverse , ma è fuori dubbio che la fase dibattimentale consente all’imputato le più ampie possibilità di difesa con l’utilizzo di tutti gli strumenti processuali posti a sua disposizione per far valere le sue ragioni .Sotto tale profilo non è certo possibile sostenere che abbia una maggiore valenza difensiva l’interrogatorio di garanzia rispetto alla completezza della istruttoria dibattimentale ; anzi è vero esattamente il contrario , nel senso che soltanto la fase dibattimentale consente all’imputato di dispiegare nella misura massima possibile la sua difesa .Il giudice del dibattimento , tra l’altro , può procedere anche all’esame dell’imputato in vinculis su ogni elemento dell’imputazione e sulle condizioni legittimanti lo status custodiae , e l’imputato può richiedere l’assunzione di prove sia in ordine alle specifiche questioni di merito , sia in ordine ai profili attinenti alle esigenze cautelari .Insomma , come è stato efficacemente affermato , non vi è alcuna ragione di assicurare , quando la istruttoria dibattimentale abbia avuto già inizio , ed a maggior ragione quando sia stata completata , una occasione difensiva ad hoc , che non aggiungerebbe alcuna significativa garanzia rispetto a quanto derivante dal contesto del giudizio ( così ex multis Cass. , Sez. VI , 26 febbraio 2004 , n.12287 , Di Mauro , rv. 228476 ) . Del resto la stessa Corte Costituzionale nella sentenza n. 32 del 1999 , precedente alla modifica dell’articolo 294c.p.p. ed alla individuazione della dichiarazione di apertura del dibattimento come momento finale per procedere all’interrogatorio di garanzia , aveva precisato che l’adempimento del dovere di interrogare immediatamente l’arrestato presupponeva che non fosse ancora instaurata la fase del giudizio che , per i suoi caratteri essenziali di pienezza del contraddittorio e per l’immanente presenza dell’imputato , assorbiva la stessa funzione dell’interrogatorio previsto dall’articolo 294 comma I c.p.p. .Analogo concetto è stato ribadito dalla Corte Costituzionale anche in una più recente sentenza ( Corte Costituzionale 8 giugno 2005 , n. 230 ) che , nel dichiarare manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale degli articoli 294 comma I e 302c.p.p. nella parte in cui non prevedono l’obbligo dell’interrogatorio di garanzia della persona in stato di custodia cautelare anche dopo la dichiarazione di apertura del dibattimento , ha stabilito che la scelta operata dal legislatore del 1999 del limite temporale per effettuare l’adempimento di cui all’articolo 294c.p.p. fosse del tutto ragionevole .Ha in proposito ricordato la Corte Costituzionale che la difesa ben può ammettere modulazioni differenziate , tanto in rapporto alla peculiare struttura dei riti , che in funzione delle differenze che possono caratterizzare le varie fasi del processo , ed ha altresì precisato che il giudice del dibattimento ha in ogni momento della fase la possibilità di verificare sia la legittimità dello status , sia la permanenza delle condizioni che determinarono l’adozione della misura . Le precedenti considerazioni consentono di superare anche la dibattuta questione della equipollenza tra l’interrogatorio di garanzia , l’esame dibattimentale e le dichiarazioni spontanee di cui all’articolo 494c.p.p. , proprio perché la cognizione piena di tutte le questioni di merito del giudice del dibattimento e le ampie possibilità della difesa assorbono le finalità dell’interrogatorio di garanzia.In ogni caso si deve ritenere una equivalenza tra gli istituti menzionati ; per dirla, ancora una volta , con la Corte Costituzionale che , superate iniziali posizioni contrarie alla equivalenza tra gli istituti detti ( Corte Costituzionale 20 maggio 1991 , n. 221 ; vedi anche Cass. , SS.UU. penali 28 gennaio 1998 , n. 3 Budini ed altri , rv. 210258 ) , intervenendo in ordine a possibile illegittimità costituzionale dell’articolo 64c.p.p. , ha rilevato che l’interrogatorio e l’esame appartengono allo stesso genus , perché l’interrogatorio e l’esame si iscrivono nella categoria degli atti processuali a contenuto dichiarativo ; entrambi possono essere ugualmente inquadrati nel novero degli strumenti difensivi ; comune è , inoltre , la presenza di connotazioni probatorie ; tanto l’uno che l’altro , infine , risultano caratterizzati dalla identica garanzia del “nemo tenetur se detegere” (così Corte Costituzionale sentenza n. 191 del 23 maggio 2003 ) . Indubbia è poi la funzione difensiva delle dichiarazioni spontanee di cui all’articolo 494c.p.p. , come sottolineato da autorevole dottrina e prima ancora affermato dalla relazione al progetto preliminare del codice , ove si sottolinea la importante funzione di autodifesa dell’istituto . Ma il giudice rimettente ha osservato che , nonostante le pronunce della Corte Costituzionale , apparivano rilevanti ancora due questioni .La prima consisteva nel non essere stato risolto il problema costituito dal fatto che , nel caso di specie , la misura cautelare era stata applicata dopo la pronuncia della sentenza di primo grado e , quindi , in tal caso l’intervallo di tempo necessario per la celebrazione del processo di appello appariva maggiore per estensione rispetto a quello intercorrente tra richiesta di rinvio a giudizio ed udienza preliminare , con conseguente ancor più irragionevole disparità di trattamento rispetto a quella prevista dalla disposizione già dichiarata costituzionalmente illegittima con la sentenza n. 77 del 1997 .La seconda concerneva il fatto che se la fase dibattimentale appariva idonea a valutare tutte le questioni di merito e , quindi , il profilo della gravità indiziaria , non altrettanto poteva affermarsi con riferimento al profilo delle esigenze cautelari . In verità entrambi i rilievi appaiono agevolmente superabili .Quanto al primo profilo va detto che siffatta argomentazione , posta a fondamento della pretesa incostituzionalità dell’articolo 294c.p.p. laddove non è previsto l’interrogatorio di garanzia per la misura custodiale emessa dopo la sentenza di primo grado e prima della trasmissione degli atti al giudice di appello ( situazione esattamente sovrapponibile a quella in discussione ) , riferita ad una misura emessa ex articolo 276c.p.p. per trasgressione dell’originaria misura degli arresti domiciliari , è stata disattesa dalla Corte Costituzionale con le due recentissime ordinanze n. 267 e n. 359 del 2008 .E’ interessante notare che la Corte Costituzionale nelle due citate ordinanze , dopo avere ribadito la ragionevolezza della scelta operata dal legislatore del 1999 per le ragioni già dinanzi ricordate , ha precisato che il limite della obbligatorietà dell’interrogatorio di garanzia , come previsto dalla norma censurata – articolo 294c.p.p. – non può che trovare applicazione per l’intero corso del processo , essendo allo stesso modo irrilevante che la celebrazione del dibattimento sia diluita nel tempo , ovvero che si versi in una delle possibili situazioni di sospensione , o , ancora , in una delle fasi di passaggio tra i diversi gradi di giudizio .Infine importanti argomenti , peraltro già richiamati , a sostegno della tesi sostenuta si desumono da una recente sentenza delle Sezioni Unite ( SS.UU. 18 , dicembre 2008 , Giannone , citata ) che , in una situazione non molto diversa da quella in esame , hanno escluso la necessità dell’interrogatorio di garanzia ex articolo 294c.p.p. nelle ipotesi di aggravamento della misura previste dall’articolo 276c.p.p. . Quanto al secondo profilo costituisce una mera affermazione che le esigenze cautelari non costituirebbero oggetto di valutazione dibattimentale .Ciò non solo perché la fase dibattimentale è , sul piano formale , caratterizzata dalla cognizione piena di ogni aspetto del processo , ivi comprese le esigenze di cautela , ma anche perché , su un piano sostanziale , la determinazione della pena richiede una attenta valutazione della personalità dell’imputato e della sua pericolosità ed un adeguato giudizio prognostico .Non può , quindi , non considerarsi che le esigenze cautelari poste a fondamento dell’ordinanza impositiva emessa dopo la condanna non possono essere che quelle emerse dai fatti e dalle circostanze accertati nel corso del dibattimento , cosicché il successivo interrogatorio di garanzia costituirebbe una duplicazione della medesima garanzia rappresentata dal pieno e previo contraddittorio della istruttoria dibattimentale . Nel caso di specie , inoltre , risulta che il La Mari è stato condannato per i reati di cui agli articoli 73 e 74 del DPR 309/90 commessi avvalendosi delle condizioni di cui alla articolo 416 bis c.p. ; quindi l’ordinanza cautelare è stata emessa anche sulla base dell’articolo 275 , comma terzo , c.p.p. che prevede una ipotesi di presunzione di sussistenza delle esigenze cautelari per alcuni reati particolarmente gravi e di adeguatezza della misura carceraria .Pertanto , nel caso di specie nessuna particolare valutazione doveva essere effettuata in relazione alla sussistenza delle esigenze cautelari , da ritenersi presunte in virtù della disposizione contenuta nel terzo comma dell’articolo 275c.p.p. .Del resto che la presunzione di adeguatezza della misura coercitiva di maggior rigore dispieghi la sua operatività anche quando siffatta misura venga disposta , per la prima volta , come nel caso di specie , contestualmente o successivamente alla pronuncia della sentenza di condanna dell’imputato , può ritenersi del tutto pacifico , tenuto conto della consolidata giurisprudenza di legittimità sul punto , fondata su una puntuale interpretazione degli articoli 275 comma III e 294c.p.p. ( vedi Cass. , Sez. V penale , 7 ottobre 1997 , n. 4305 , Franco , rv. 209974 ; Cass. , Sez. I penale , 7 aprile 2004 , n. 18995 , Branciforte , rv. 228161 e Cass. , Sez. I , 24 aprile 2003 , n. 30298 , Privitera , riv. 226250 ) . La tesi sostenuta trova , inoltre , ulteriore conferma nella disposizione dell’articolo 489c.p.p. , secondo il quale l’imputato già contumace che prova di non avere avuto conoscenza del procedimento a suo carico , può chiedere di rendere le dichiarazioni previste dall’articolo 494c.p.p. ; ……..se l’imputato si trova in stato di custodia cautelare , le dichiarazioni devono essere assunte entro un termine non superiore a quindici giorni da quello in cui è pervenuta la richiesta .Tale norma , infatti , non solo valorizza l’istituto disciplinato dall’articolo 494c.p.p. quale importante strumento di difesa dell’imputato , ma prevede anche che , a seguito di richiesta dell’imputato in stato di custodia cautelare , l’interrogatorio venga fissato entro breve termine , comunque non superiore a quindici giorni .Ciò dimostra che la previsione dell’interrogatorio di garanzia costituirebbe una non giustificata duplicazione di garanzia . Non è poi fuor di luogo ricordare che in ogni caso l’imputato ha la possibilità di attivare i rimedi impugnatori previsti in materia di libertà e costituiti dalla istanza di riesame e da istanze di revoca o sostituzione della misura , che consentono di far valere anche esigenze specifiche e particolari .In entrambi i casi , in effetti , la valutazione del giudice è assicurata nei tempi assai ristretti previsti dal codice e gli istituti richiamati consentono , perciò , una verifica immediata della sussistenza e permanenza dei presupposti che legittimano la emissione ed il mantenimento della misura cautelare ( vedi a favore di tale impostazione Corte Costituzionale 8 giugno 2005 n. 230 citata e Cass. SS.UU. penali 18 giugno 1993 , n. 14 , Dell’Omo , rv. 194311 ) . Quanto , infine , al presunto contrasto , prospettato dal giudice rimettente , della tesi della non necessità dell’interrogatorio di garanzia , quando la misura venga emessa o eseguita dopo la sentenza di condanna di primo grado , con la disposizione dell’articolo 5 del paragrafo III della Convenzione europea dei diritti dell’uomo , che riconosce , come già ricordato , il diritto di ogni persona arrestata o detenuta ad essere condotta , al più presto , davanti al giudice , va detto che , a prescindere dal problema della diretta applicabilità , all’interno dell’ordinamento nazionale , delle norme della Convenzione ( sul punto vedi le ordinanze nn. 348 e 349 del 2007 della Corte Costituzionale ) , secondo la interpretazione che di tale norma fornisce la Corte europea dei diritti dell’uomo (vedi Ciulla contro Italia 22 febbraio 1989 , n. 148, § 38 ; e B. contro Austria , 28 marzo 1990 , n. 175 , § 39 ) , tale contrasto non appare ravvisabile .Infatti il diritto di cui al citato articolo 5 va collegato alle condizioni indicate dal paragrafo 1 C) del testo normativo , tra le quali vi è il fondato motivo di supporre che l’arrestato abbia commesso un reato o si ha motivo di credere che è necessario impedire che commetta un reato .La Corte ha chiarito che non può essere semplicemente sospettata di avere commesso un reato una persona già giudicata colpevole perché condannata in primo grado e rimasta priva della libertà durante una procedura di ricorso , che abbia impedito il passaggio in giudicato della sentenza e la sua esecuzione , da lei stessa intentata .Siffatto , del tutto logico orientamento si spiega , secondo autorevole dottrina , con la necessità di rispettare la peculiare fisionomia data nei diversi ordinamenti statuali al principio della presunzione di innocenza . In conclusione per tutte le ragioni enunciate le Sezioni Unite Penali della Corte di Cassazione hanno stabilito il principio di diritto che non è necessario procedere all’interrogatorio di garanzia di cui all’articolo 294 , comma I , c.p.p. dell’imputato nel caso in cui la custodia cautelare venga disposta per la prima volta dopo la sentenza di condanna . Il ricorso del La Mari deve , pertanto , essere rigettato ed il ricorrente condannato a pagare le spese del procedimento .La Cancelleria è tenuta ad effettuare gli adempimenti di cui all’articolo 94 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale . P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a pagare le spese del procedimento .Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’articolo 94 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale .

LAVORO SUBORDINATO - LICENZIAMENTO PER GIUSTA CAUSA - SVOLGIMENTO DI ALTRA ATTIVITÀ, LAVORATIVA ED EXTRALAVORATIVA DURANTE LO STATO DI MALATTIA

LAVORO SUBORDINATO - LICENZIAMENTO PER GIUSTA CAUSA - SVOLGIMENTO DI ALTRA ATTIVITÀ, LAVORATIVA ED EXTRALAVORATIVA, DA PARTE DEL LAVORATORE, DURANTE LO STATO DI MALATTIA
L'espletamento di altra attività, lavorativa ed extralavorativa, da parte del lavoratore, durante lo stato di malattia, è idonea a violare i doveri contrattuali di correttezza e buona fede nell'adempimento dell'obbligazione e a giustificare il recesso del datore di lavoro: guidare una moto di grossa cilindrata, recarsi in spiaggia e prestare una seconda attività lavorativa sono stati ritenuti, dalla S.C., indici, di per sé, di scarsa attenzione del lavoratore alla propria salute ed ai relativi doveri di cura e di non ritardata guarigione, oltrechè dimostrativi dell’inidoneità dello stato di malattia ad impedire comunque l'espletamento di un’attività ludica o lavorativa.

Testo Completo:
Sentenza n. 9474 del 21 aprile 2009(Sezione Lavoro, Presidente G. Sciarelli, Relatore V. Di Nubila)

SANZIONI AMMINISTRATIVE LAVORO - ASTENSIONE DALLE UDIENZE DELIBERATA DAGLI AVVOCATI SENZA RISPETTARE L'OBBLIGO DEL PREAVVISO

SANZIONI AMMINISTRATIVE LAVORO - ASTENSIONE DALLE UDIENZE DELIBERATA DAGLI AVVOCATI SENZA RISPETTARE L'OBBLIGO DEL PREAVVISO - NOTIFICAZIONE DELL’ORDINANZA-INGIUNZIONE AL PRESIDENTE DELL'ASSEMBLEA DEGLI AVVOCATI
Non sussiste alcun vizio della notificazione dell’ordinanza-ingiunzione emessa dalla Direzione provinciale del lavoro nei confronti del presidente dell'assemblea degli avvocati che abbia deliberato l'astensione dalle udienze - solo a questi notificata e non anche agli altri professionisti aderenti all’astensione - , all’esito della delibera, notificata personalmente al predetto presidente e inviata, presso il consiglio dell’ordine, ai singoli professionisti, con la quale la Commissione di garanzia dell'attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali ha sanzionato la proclamazione dell' astensione dalle udienze senza rispettare l'obbligo del preavviso

Testo Completo:
Sentenza n. 9461 del 21 aprile 2009(Sezione Lavoro, Presidente A. Lamorgese, Relatore P. Curzio)

PROCESSO CIVILE - MANCATO ESPLETAMENTO DI UNA PROVA TESTIMONIALE AMMESSA

PROCESSO CIVILE - MANCATO ESPLETAMENTO DI UNA PROVA TESTIMONIALE AMMESSA
Alla luce del principio costituzionale della durata ragionevole del giudizio, il giudice può revocare la prosecuzione di una prova orale quando ritenga superflua l’ ulteriore assunzione e sufficienti gli elementi raccolti, non essendo necessaria l’escussione di tutti i testi già ammessi, purché la mancata escussione sia razionale, giustificata e ne venga data adeguata motivazione nella sentenza di merito

Testo Completo:
Sentenza n. 9324 del 17 aprile 2009(Sezione Lavoro, Presidente A. Mensitieri, Relatore M. Odo)

LAVORO - DIRITTI SINDACALI - TRASFERIMENTO DEL DIRIGENTE SINDACALE AZIENDALE, PREVIO NULLA OSTA DEL SINDACATO DI APPARTENENZA

LAVORO - DIRITTI SINDACALI - TRASFERIMENTO DEL DIRIGENTE SINDACALE AZIENDALE, PREVIO NULLA OSTA DEL SINDACATO DI APPARTENENZA
In tema di trasferimento del dirigente sindacale aziendale, previo nulla osta del sindacato di appartenenza, esclusa la decadenza delle r.s.a. costituite prima della modifica referendaria, per le quali è divenuto requisito cruciale la sottoscrizione dei contratti collettivi applicati nell'unità produttiva, la prerogativa del nulla-osta del sindacato di appartenenza per il trasferimento del dirigente sindacale è dalla legge collegata alla funzione (nel senso che nasce con il conferimento dell’incarico dirigenziale e sopravvive per un certo periodo dopo la scadenza), con la conseguenze che i requisiti di riferimento devono sussistere al momento del conferimento della funzione dirigenziale e da quel momento incardinano il diritto sino alla fine dell'anno successivo a quello di cessazione dall'incarico. La S.C., accertato, nella specie, che il trasferimento e l'acquisizione dell'incarico di dirigente sindacale erano successivi alla modifica della disposizione statutaria e che non sussistevano i requisiti post-referendari, quali la sottoscrizione, da parte del sindacato ricorrente, dei contratti collettivi applicati nell'unità produttiva, ha escluso il diritto sindacale invocato, revocando il decreto emesso ai sensi dell'art. 28 statuto dei lavoratori.

Testo Completo:
Sentenza n. 8725 del 9 aprile 2009(Sezione Lavoro, Presidente G. Sciarelli, Relatore P. Curzio)

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE - CONTRATTI IN GENERE - APPALTO - CONTROVERSIE - POSSIBILITA' DI COMPROMESSO IN ARBITRATO IRRITUALE - ESCLUSIONE - FONDAMENTO

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE - CONTRATTI IN GENERE - APPALTO - CONTROVERSIE - POSSIBILITA' DI COMPROMESSO IN ARBITRATO IRRITUALE - ESCLUSIONE - FONDAMENTO
Benché la P.A., nel suo operare negoziale, si trovi su un piano paritetico a quello dei privati, ciò non significa che vi sia una piena ed assoluta equiparazione della sua posizione a quella del privato, poiché l'amministrazione è comunque portatrice di un interesse pubblico cui il suo agire deve in ogni caso ispirarsi; ne consegue che alla stessa è preclusa la possibilità di avvalersi, nella risoluzione delle controversie derivanti da contratti di appalto conclusi con privati, dello strumento del c.d. arbitrato irrituale o libero, poiché in tal modo il componimento della vertenza verrebbe ad essere affidato a soggetti (gli arbitri irrituali) individuati, nell'ambito di una pur legittima logica negoziale, in difetto di qualsiasi procedimento legalmente determinato e, perciò, senza adeguate garanzie di trasparenza e pubblicità della scelta. CONTRATTI DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE - REALIZZAZIONE ALL'ESTERO DI OPERE NEL QUADRO DELLE POLITICHE DI COOPERAZIONE E SVILUPPO - NATURA DI APPALTO PUBBLICO - ESCLUSIONE - DOMANDA DI REVISIONE PREZZI - GIURISDIZIONE DELL'A.G.O. - SUSSISTENZA I contratti di appalto stipulati dalla P.A. italiana, nel quadro della politica di cooperazione e sviluppo, in vista della realizzazione di opere all'estero, non sono qualificabili come contratti di opera pubblica e, pertanto, ai medesimi non possono essere applicate le relative disposizioni, neppure in ordine al riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo in tema di revisione prezzi dell'appalto; ne consegue che la pretesa dell'appaltatore in ordine alla revisione del prezzo - avendo un fondamento esclusivamente contrattuale - ha consistenza di diritto soggettivo, con conseguente devoluzione della giurisdizione al giudice ordinario.

Testo Completo:
Sentenza n. 8987 del 16 aprile 2009(Sezioni Unite Civili, Presidente V. Carbone, Relatore R. Rordorf)