Ultime dalla Cassazione

Sentenze e massime della Corte di Cassazione - Ultimi orientamenti giurisprudenziali.
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mercoledì 30 luglio 2008

FAMIGLIA – MATRIMONIO – SENTENZA ECCLESIASTICA DI NULLITA’ – VIZIO DEL CONSENSO - DELIBAZIONE – LIMITI – FATTISPECIE

Decidendo un ricorso rimesso alle S.U., per la particolare importanza della questione di massima e al fine di evitare preventivamente contrasti, la Corte ha affermato il seguente principio di diritto:<>. Nella specie, è stata ritenuta in contrasto assoluto con l’ordine pubblico la rilevanza data, nella formazione della volontà dei nubendi, all’errore soggettivo consistito nella ignoranza di uno dei nubendi in ordine all’infedeltà dell’altro prima del matrimonio.

Testo Completo:
Sentenza n. 19809 del 18 luglio 2008(Sezioni Unite Civili, Presidente V. Carbone, Relatore F. Forte)
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FALLIMENTO E PROCEDURE CONCORSUALI – CONCORDATO PREVENTIVO CON CESSIONE BENI – DECRETO DI VENDITA DEL G.D. – RECLAMO – DECISIONE

Risolvendo un contrasto determinatosi all’interno delle sezioni semplici, le S.U. hanno ritenuto ammissibile il ricorso straordinario per cassazione avverso il provvedimento con cui il tribunale decida un reclamo, proposto contro un decreto emesso dal giudice delegato in tema di vendita dei beni del debitore nella fase esecutiva di un concordato preventivo per cessione dei beni omologato dal tribunale, rientrando essi (come quelle emessi dal giudice delegato in attuazione della sentenza, ora decreto, di omologazione del concordato) nel novero degli atti di giurisdizione esecutiva, assolvendo una funzione corrispondente a quella dei provvedimenti di analogo tenore emessi nell’ambito della liquidazione fallimentare.

Testo Completo:
Sentenza n. 19596 del 16 luglio 2008(Sezioni Unite Civili, Presidente G. Prestipino, Relatore A. De Matteis)
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ORDINAMENTO GIUDIZIARIO – MAGISTRATI – PROCEDIMENTO DISCIPLINARE – SENTENZA CSM - TERMINI PER L’IMPUGNAZIONE

Le S.U. hanno dichiarato inammissibili i ricorsi presentati dal magistrato (oltre i trenta giorni) e dal Ministero della Giustizia (oltre i trenta giorni e presso la cancelleria della Cassazione, anziché quella del CSM) avverso la sentenza del CSM che infliggeva la sanzione della censura e disponeva il trasferimento ad altra sede e ad altre funzioni del magistrato, sulla base del seguente principio di diritto: "Il ricorso per cassazione contro le sentenze della sezione disciplinare del CSM, che a norma dell’art. 24 d.lgs. n. 109 del 2006 va proposto nei termini e con le forme previsti dal c.p.p., deve essere presentato o fatto pervenire mediante telegramma o lettera raccomandata alla segreteria della sezione disciplinare, ai sensi degli artt. 582 e 583 c.p.p., nel termine di trenta giorni stabilito dall’art. 585, 1° comma lett. b), c.p.p., decorrente dalla scadenza del termine stabilito per il deposito dall’art. 19, 2° comma, d.lgs. n. 109 del 2006 o dal giorno in cui è stata eseguita la notificazione o comunicazione del relativo avviso, se il deposito è avvenuto successivamente, ovvero, con le medesime decorrenze, nel termine di quarantacinque giorni, stabilito dall’art. 585, 1° comma lett. c), c.p.p., se la sezione disciplinare, essendo la stesura della motivazione di particolare complessità per il numero delle parti o per il numero o la gravità delle impugnazioni, si sia avvalsa della facoltà, prevista dall’art. 544, 3° comma, c.p.p., di indicare nel dispositivo per il deposito un termine più lungo, non eccedente comunque il novantesimo giorno".

Testo Completo:
Sentenza n. 19596 dell'11 luglio 2008(Sezioni Unite Civili, Presidente R. Corona, Relatore M. Oddo)

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martedì 29 luglio 2008

ESECUZIONE - PENA DETENTIVA - CUSTODIA CAUTELARE E PER ALTRO REATO - RIPARAZIONE PER INGIUSTA DETENZIONE - COMPUTO EX ART. 657 C.P.P.

Le Sezioni unite hanno affermato che, nella determinazione della pena detentiva da eseguire, occorre computare il periodo di custodia cautelare subìto per altro reato, anche nel caso in cui, per detto periodo, il condannato abbia ottenuto l’equa riparazione per ingiusta detenzione.
Vicenda processuale.Con ordinanza 18-1-07 la Corte di appello di Palermo quale giudice dell’esecuzione, in accoglimento dell’istanza di Cascio Rosario disponeva che, nel determinare per il predetto la pena detentiva da espiare in virtù della sentenza di condanna per il delitto di cui all’art. 416 bis c.p. emessa dalla citata Corte l’8-7-05 (irrevocabile il 18-1-07), si computasse la custodia cautelare da lui sofferta sine titulo dall’8-10-95 al 30-6-96 nel procedimento n. 434/94 R.G.N.R. del Tribunale di Sciacca; all’uopo rilevava che il beneficio della fungibilità, previsto dall’art. 657 c.p.p., era applicabile pur avendo il condannato per il medesimo periodo chiesto ed ottenuto (con provvedimento 18-4-00) riparazione per l’ingiusta detenzione: ciò in quanto l’art. 314 c. 4 c.p.p. non escludeva siffatta evenienza e potendo lo Stato esercitare l’azione giudiziaria per indebito arricchimento. Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore Generale presso la Corte di appello, denunciando erronea applicazione degli artt. 314, 657 c.p.p. e precipuamente assumendo che dal disposto dell’art. 314 c. 4 c.p.p. si ricava il principio dell’alternatività tra l’istituto della riparazione per ingiusta detenzione e quello della fungibilità della pena, per cui va escluso che un soggetto possa conseguire entrambi i benefici; segnalava al contempo che la prospettiva di un’azione volta a recuperare la somma a suo tempo elargita rimaneva priva di incidenza, stante la mancata previsione delle modalità di attivazione dell’Avvocatura dello Stato e l’eventualità di sopravvenuta insolvenza da parte di colui che l’aveva ricevuta. Il ricorso veniva assegnato alla 1° sezione penale ed il collegio, evidenziato che sulla questione prospettata sussiste contrasto giurisprudenziale, rimetteva gli atti alle Sezioni Unite. Con memoria depositata il 16-6-07 il Cascio precisava che il presupposto per ottenere la fungibilità si era concretato circa 8 anni dopo la di lui domanda avanzata ex artt. 314, 315 c.p.p. e che la sentenza di condanna, alla cui pena si riferiva l’operata detrazione, era stata pronunciata e divenuta irrevocabile successivamente alla decisione avente ad oggetto la liquidazione della riparazione in suo favore.Motivi della decisione.Il quesito sottoposto all’esame di queste Sezioni Unite è dunque il seguente: se in sede di determinazione della pena da eseguire debba computarsi a norma dell’art. 657 c.p.p. il periodo di custodia cautelare subito per un altro reato, anche nel caso in cui il condannato abbia ottenuto, per il medesimo periodo, un’equa riparazione per ingiusta detenzione. Al proposito si sono delineati nell’ambito della giurisprudenza di legittimità due fondamentali orientamenti, tra loro contrapposti. Taluni precedenti, nel risolvere negativamente la questione, hanno rilevato: che dal dettato dell’art. 314 c. 4 c.p.p. (in base al quale il diritto alla riparazione per ingiusta detenzione è escluso per quella parte della custodia cautelare che sia stata computata ai fini della determinazione della pena) si deduce l’ulteriore speculare principio secondo cui chi ha ottenuto la riparazione non può più beneficiare della fungibilità con riguardo ad un identico periodo di carcerazione senza titolo; che i due istituti sono alternativi, essendo quindi rimessa all’interessato la facoltà di scegliere quello di cui avvalersi; che occorre evitare un’ingiustificata disparità di trattamento fra chi, avendo ottenuto la fungibilità non potrebbe conseguire la riparazione e chi, invece, avendo ottenuto quest’ultima, avrebbe diritto anche alla fungibilità (Cass. 10-5-99 n. 3488 Rv. 214644; Cass. 16-1-04 n. 18966 Rv. 227968; Cass. 11-2-04 n. 10366 Rv. 227229). In termini difformi è stato invece affermato che il comma 4 dell’art. 314 c.p.p. prevede esclusivamente il caso in cui il soggetto abbia usufruito della fungibilità e non già quello in cui egli abbia “scelto” la riparazione per cui solo il primo beneficio deve ritenersi preclusivo dell’altro; a sostegno di tale soluzione si è evidenziato che non è appropriato parlare di vera e propria facoltà di scelta in capo all’interessato in quanto i due istituti sono ontologicamente diversi, essendo la fungibilità affidata ai poteri di ufficio dell’organo dell’esecuzione mentre la richiesta di riparazione è interamente rimessa alla volontà del privato; infine è stato sottolineato che ogniqualvolta la possibile fungibilità si concretizzi dopo la scadenza del termine posto dall’art. 315 c. 1 c.p.p. si verterebbe in fattispecie di “rinuncia coatta” ad uno dei due benefici e di converso che la disparità di trattamento, paventata dal contrario indirizzo, è superabile con il rimedio dell’azione giudiziaria esercitabile dallo Stato per l’indebito arricchimento (Cass. 23-11-04 n. 358 Rv. 230723). Una soluzione intermedia risulta infine adottata in una più recente pronuncia la quale, a fronte di conseguita riparazione, limita la possibilità di ottenere la detrazione del periodo di custodia sofferta senza titolo all’ipotesi in cui, quando l’interessato ebbe a promuovere l’istanza di cui all’art. 314 c.p.p., non era ancora applicabile la fungibilità; qualora invece il soggetto, “pur essendo attivabili entrambi le opzioni, abbia per propria scelta chiesto e conseguita la riparazione”, è stato negato che il medesimo possa invocare l’operatività dell’altro istituto (Cass. 5-12-07 n. 47001 Rv. 238489). Queste Sezioni Unite ritengono di aderire all’impostazione adottata dalla sentenza n. 358 del 2004 la quale riconosce, in generale e senza individuare limitazioni, l’applicabilità del beneficio della fungibilità, anche se il condannato abbia ottenuto la riparazione per l’ingiusta detenzione: nel condividere tutte le ragioni poste a fondamento di detta pronuncia si svolgono altresì le seguenti considerazioni in ordine all’interpretazione degli artt. 657 e 314 c.p.p. ed al collegamento tra le due norme. L’art. 657 c.p.p., in tema di esecuzione, disciplina il computo della custodia cautelare e delle pene espiate senza titolo ed in particolare sancisce che “il pubblico ministero nel determinare la pena da eseguire computa il periodo di custodia cautelare subita per lo stesso o per un altro reato”; quest’ultimo dettato non lascia adito a dubbi: il pubblico ministero, preso atto di un periodo di privazione della libertà a titolo di custodia cautelare deve operare la detrazione, unico limite essendo rappresentato dalla circostanza che la misura sia stata subita dopo la commissione del reato per il quale va determinata la pena da eseguire. Il computo in questione costituisce dunque una regola imprescindibile e della stessa occorre tenere conto in materia di riparazione. Nella evidenziata ottica va letto l’art. 314 c. 4 c.p.p il quale prevede che “il diritto alla riparazione è escluso per quella parte della custodia cautelare che sia computata ai fini della determinazione della misura di una pena” e significativamente è stato affermato che il riferimento è da intendersi come se fosse detto “per quella parte che deve essere computata” (Cass. 20-11-01 n. 13322, non massimata sul punto); proprio tale disposizione vale a confermare l’inderogabilità di cui sopra e l’assenza di ogni discrezionalità nella applicazione della fungibilità: i due istituti non sono dunque alternativi e non può con riguardo ai medesimi parlarsi di scelta, essendo destinato a prevalere quello contemplato dall’art. 657 c.p.p. Il contesto normativo, così interpretato, ha una ben precisa ratio la quale consiste nel privilegiare in via diretta il bene primario nonchè indisponibile della liberà, rendendo legittimo un determinato periodo di detenzione, che originariamente non lo era, così escludendo che l’interessato debba scontare la pena detentiva per un ulteriore pari lasso temporale. La fungibilità, costituendo una reintegrazione in forma specifica, ha invero una ben maggior valenza rispetto ad una riparazione di carattere patrimoniale, la quale “monetizzando il sacrificio di una libertà inviolabile ne costituisce un pallido rimedio” (testualmente: Corte Cost. sentenza n. 219/2008). In realtà la possibilità di scelta in capo all’interessato, a cui fa riferimento la giurisprudenza che si disattende, va negata sotto un profilo, sia concettuale, sia sistematico: innanzitutto non è concepibile che il predetto abbia facoltà di surrogare la libertà con beni materiali e d’altro canto egli non può rinunciare ad avvalersi di un istituto la cui applicabilità è imposta al pubblico ministero; a ciò aggiungasi che la domanda di riparazione è soggetta ad un termine di decadenza (art. 315 c. 1 c.p.p.) e che può verificarsi, come nella fattispecie in esame, che le condizioni per la fungibilità non sussistano al momento in cui chi ha subito l’ingiusta detenzione è legittimato a chiedere la riparazione. Né può sostenersi che il soggetto, chiedendo la riparazione, farebbe venir meno il dovere del pubblico ministero di effettuare la detrazione: una siffatta regola non è posta dall’art. 657 c.p.p. ed essa non è ricavabile dal principio contrario di cui all’art. 314 c. 4 c.p.p. poiché all’operatività di un determinato istituto non può introdursi un limite tratto dalla disciplina di un altro, diverso e non omogeneo. È quindi indubbio che l’interessato il quale abbia ottenuto la riparazione esercitando tempestivamente la relativa domanda in un momento nel quale mancava il presupposto della fungibilità (ossia una sanzione detentiva da eseguire), ha diritto alla detrazione di cui all’art. 657 c. 2 c.p.p. quando intervenga successivamente una condanna definitiva ad una pena di durata non inferiore a quella della custodia cautelare sofferta; ma questo diritto va riconosciuto anche nel caso in cui la riparazione sia stata invocata e concessa, pur ricorrendo la possibilità dello scomputo: ciò perchè, come esposto in precedenza, non sarebbe configurabile una realizzata scelta o rinuncia da parte del condannato, bensì un’illegittima iniziale omissione del pubblico ministero. Certamente l’avvenuto ristoro economico seguito dalla detrazione comporta un ingiustificato arricchimento del beneficiario ai danni dello Stato e pertanto quest’ultimo avrà la facoltà di esercitare l’apposita azione che ha carattere residuale e che non è esclusa dalla sussistenza di una causa di acquisizione, quale il provvedimento del giudice della riparazione (si veda Cass. civ. 9.2-87 n. 1334 Rv. 450809; Cass. civ. 30-7-99 n. 8311 Rv. 529145; Cass. civ 8-11-05 n. 21647 Rv. 586072); azione esperibile ai sensi dell’art. 2041 c.c. secondo le regole civilistiche, non rilevando la mancata previsione di particolari modalità per l’evenienza in questione e costituendo la sopravvenuta insolvenza del convenuto un fattore patologico sempre ipotizzabile in relazione all’esito di ogni esperienza giudiziaria. A prevenire situazioni del genere deve ritenersi che il giudice della riparazione, nel caso in cui gli risulti che l’istante è stato condannato con sentenza non definitiva ad una pena superiore a quella della custodia cautelare sofferta, possa sospendere il procedimento in attesa che venga definito quello nell’ambito del quale è intervenuta detta sentenza. Nè varrebbe obiettare che secondo l’attuale codice di rito “il giudice penale risolve ogni questione da cui dipende la decisione” (art. 2 c.p.p.) e che solo le questioni pregiudiziali relative allo stato di famiglia o di cittadinanza possono determinare una sospensione del processo (art. 3 c.p.p.); queste disposizioni concernono il processo penale in quanto volto all’accertamento della sussistenza del reato e della sua commissione da parte dell’imputato: esse di conseguenza non sono applicabili al procedimento di riparazione dell’ingiusta detenzione il cui giudice non ha poteri rapportabili a quelli tipici del giudice della cognizione e neppure dell’esecuzione (si veda: Cass. S.U. 13-12-95 n. 42 Rv. 203638; Cass. 13-4-00 n. 2391 Rv. 217691); si palesa invece attuabile per analogia, non essendo previsti divieti per il rito camerale, una sospensione per assoluta necessità ex art. 477 c.p.p., posto che i termini di durata ivi previsti sono meramente ordinatori (su tale ultimo punto: Cass. 17-2-97 n. 2233 Rv. 207353; Cass. 26-9-07 n. 39784 Rv. 238436). D’altro canto la procedura de qua, pur svolgendosi dinnanzi al giudice penale, assume connotazioni proprie, anche di carattere civilistico, avendo essa ad oggetto un rapporto patrimoniale tra l’istante ed l’amministrazione del Tesoro, dovendosi altresì considerare che l’intervento del pubblico ministero nella medesima ha natura identica a quella di cui all’art. 70 c.p.p. (Cass. 13-11-07 n. 46777 Rv. 238363): pertanto potrebbe addivenirsi ad una sospensione anche alla luce della normativa processuale civilistica ai sensi dell’art. 337 c.p.c., onde evitare pronunce che vengano a trovarsi in rapporto di conflittualità dal punto di vista dei loro effetti pratici. Al proposito è opportuno ricordare che entrambi i menzionati rimedi (l’azione volta ad eliminare il pregiudizio economico dello Stato e la sospensione del procedimento per la riparazione) sono stati indicati come praticabili in due pronunce della dalla Corte Costituzionale (sentenza 348/92 e ordinanza 191/02) le quali hanno fatto espresso richiamo alla giurisprudenza della Corte di cassazione che li aveva specificatamente previsti (Cass. 3-4-91 n. 1553 Rv. 187237). In conclusione va affermato il seguente principio di diritto: il pubblico ministero nel determinare la pena che un soggetto deve espiare è tenuto a computare a norma dell’art. 657 c.p.p. il periodo di custodia cautelare che il condannato ha subito per un altro reato, anche nel caso in cui il medesimo abbia per detto periodo ottenuto un’equa riparazione per l’ingiusta detenzione. S’impone di conseguenza il rigetto del ricorso.P.Q.M.La Corte, rigetta il ricorso. Roma, 10-7-08.

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PROCESSO CIVILE – RICORSO PER CASSAZIONE – RITO EX ART. 380 BIS C.P.C. – RINUNCIA – TERMINE

Prendendo posizione tra due diversi orientamenti emersi nelle sezioni semplici, le S.U. hanno ritenuto che il termine ultimo per poter efficacemente rinunciare al ricorso, nell’ipotesi del rito ex art. 380 bis c.p.c., è quello del passaggio in decisione del ricorso, cioè nel momento in cui è precluso alle parti l’esercizio di un’ulteriore attività processuale, e non quello, antecedente, della notifica agli avvocati della relazione depositata dal consigliere relatore.

Testo Completo:
Ordinanza n. 19514 del 16 luglio 2008(Sezioni Unite Civili, Presidente V. Carbone, Relatore A. Amatucci
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OBBLIGAZIONI – PECUNIARIE – SVALUTAZIONE MONETARIA – PROVA DEL DANNO

Nel comporre il contrasto di giurisprudenza in ordine alla sufficienza della qualità di imprenditore del creditore ai fini della presumibilità di impieghi antinflattivi della somma non tempestivamente versata dal debitore, le S.U., dopo aver ripercorso la storia dell’evoluzione della giurisprudenza in ordine alla prova del danno da svalutazione monetaria nelle obbligazioni pecuniarie, ha affermato i seguenti principi di diritto: < è fatta salva la possibilità del debitore di provare che il creditore non ha subito un maggior danno o che lo ha subito in misura inferiore a quella differenza, in relazione al meno remunerativo uso che avrebbe fatto della somma dovuta se gli fosse stata tempestivamente versata; il creditore che domandi a titolo di maggior danno una somma superiore a quella differenza è tenuto ad offrire la prova del danno effettivamente subito, quand’anche sia un imprenditore, mediante la produzione di idonea e completa documentazione, e ciò sia che faccia riferimento al tasso dell’interesse corrisposto per il ricorso al credito bancario sia che invochi come parametro l’utilità marginale netta dei propri investimenti; in entrambi i casi la prova potrà dirsi raggiunta per l’imprenditore solo se, in relazione alle dimensioni dell’impresa ed all’entità del credito, sia presumibile, nel primo caso, che il ricorso o il maggior ricorso al credito bancario abbia effettivamente costituito conseguenza dell’inadempimento, ovvero che l’adempimento tempestivo si sarebbe risolto nella totale o parziale estinzione del debito contratto verso le banche; e, nel secondo, che la somma sarebbe stata impiegata utilmente nell’impresa>>.

Testo Completo:
Sentenza n. 19499 del 16 luglio 2008(Sezioni Unite Civili, Presidente V. Carbone, Relatore A. Amatucci)

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PROCESSO CIVILE – RICORSO PER CASSAZIONE – QUESITO DI DIRITTO – INADEGUATEZZA

In riferimento a ricorso per cassazione avverso sentenza di un giudice speciale (nella specie Corte dei conti), la Corte ha riconosciuto l’inadeguatezza del quesito formulato genericamente, senza nemmeno fare esplicito riferimento al problema di una (supposta) violazione dei limiti esterni della giurisdizione.

Testo Completo:
Ordinanza n. 19348 del 15 luglio 2008(Sezioni Unite Civili, Presidente R. Corona, Relatore R. Botta)

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venerdì 25 luglio 2008

REATO - GIURISDIZIONE - REATO COMMESSO DA MILITARE USA IN DANNO DI ITALIANI IN IRAQ - IMMUNITA' FUNZIONALE - CRIMINE DI GUERRA - NON CONFIGURABILITA'

Con la sentenza in esame, la Corte ha confermato la declaratoria di non doversi procedere per difetto della giurisdizione penale italiana in ordine ai delitti di omicidio e tentato omicidio commessi il 4 marzo 2005 da un militare del contingente militare USA dislocato con la Forza Multinazionale in territorio iracheno, in servizio come artigliere ad un posto di blocco nelle vicinanze dell’aeroporto di Baghdad, in danno di due funzionari del SISMI lì in missione per la liberazione di una giornalista rapita da un gruppo di terroristi islamici e appena liberata, e della medesima giornalista, esplodendo numerosi colpi d’arma da fuoco con un mitragliatore automatico contro l’autovettura sulla quale essi viaggiavano. La Corte, dopo aver puntualmente ricostruito il contesto storico-ordinamentale vigente in Iraq al momento dei fatti, ha sottoposto a critica le argomentazioni giuridiche poste a fondamento della decisione del giudice di prime cure. In particolare, la Corte ha ritenuto non decisivi né il ricorso al principio internazionale consuetudinario della c.d. “legge della bandiera”, del quale ha constatato la progressiva limitazione con l’evolversi dei rapporti internazionali dopo il secondo conflitto mondiale verso un più sofisticato sistema di riparto e regolamentazione delle priorità fra le giurisdizioni concorrenti (v. ad es. Trattato Nato); né il regime di immunità dalla giurisdizione derivante dalla risoluzione n. 1546 dell’8/6/2004 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, diretta piuttosto a disciplinare i rapporti (per così dire “verticali”) tra Stato di invio e Stato di destinazione, ma non lo status dei contingenti multinazionali nei loro rapporti reciproci. Secondo la Corte, deve venire piuttosto in applicazione il principio di diritto internazionale consuetudinario della “immunità funzionale” o ratione materiae dell’individuo-organo dello Stato estero dalla giurisdizione penale di un altro Stato, per gli atti eseguiti jure imperii nell’esercizio dei compiti e delle funzioni a lui attribuiti. Tale principio – ha precisato la Corte - risulterebbe derogabile soltanto in presenza di una “grave violazione” del diritto internazionale umanitario, nella specie non riscontrata, non essendo configurabile nei fatti contestati un “crimine contro l’umanità” o un “crimine di guerra” per l’assenza delle caratteristiche proprie di questi ultimi.

Testo Completo:
Sentenza n. 31171 del 19 giugno 2008 - depositata il 24 luglio 2008(Sezione Prima Penale, Presidente P. Bardovagni, Relatore G. Canzio)

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giovedì 24 luglio 2008

RAPPORTI GIURISDIZIONALI CON AUTORITA' STRANIERE

RAPPORTI GIURISDIZIONALI CON AUTORITA' STRANIERE - MAE – CONSEGNA DEL CITTADINO ITALIANO A FINI ESECUTIVI - ESECUZIONE NELLO STATO - MANIFESTAZIONE DI VOLONTA' - TERMINE
La Corte ha stabilito, in relazione alla procedura prevista dall’art. 18, lett. r) della legge n. 69/2005, che la volontà della persona richiesta in consegna circa il luogo di espiazione della pena può essere manifestata anche dinnanzi alla corte di cassazione, nella fase del ricorso, non essendovi a tal riguardo alcuno sbarramento processuale.

Testo Completo:
Sentenza n. 30018 del 16 luglio 2008 - depositata il 17 luglio 2008(Sezione Sesta Penale, Presidente B. Oliva, Relatore L. Lanza
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martedì 22 luglio 2008

RIPARAZIONE PER INGIUSTA DETENZIONE

RIPARAZIONE PER INGIUSTA DETENZIONE – COLPA LIEVE – RILEVANZA AI FINI DELLA QUANTIFICAZIONE DELLA SOMMA DOVUTA
In tema di riparazione per ingiusta detenzione ex art. 314 c.p.p., la "colpa lieve" del richiedente, pur non escludendo (come, al contrario, la "colpa grave") il diritto all’indennizzo, può rilevare, ai sensi degli artt. 1227 e 2056 c.c., ai fini della determinazione del quantum debeatur.

Testo Completo:
Sentenza n. 27529 del 20 maggio 2008 - depositata il 7 luglio 2008(Sezione Quarta Penale, Presidente S. Visconti, Relatore R. Galbiati )

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STUPEFACENTI

STUPEFACENTI – FATTO DI LIEVE ENTITA’ – NATURA GIURIDICA – CIRCOSTANZA ATTENUANTE, NON AUTONOMO REATO
La fattispecie di cui all’art. 73, 5° co., d.P.R. n. 309 del 1990 ha natura di circostanza attenuante, non di reato autonomo, in quanto la norma richiama espressamente elementi (i mezzi, le modalità e le circostanze delle azioni, la qualità e la quantità delle sostanze oggetto della finalità di spaccio) che, pur integrando la lieve entità dei fatti, non ne modificano la loro obiettività giuridica.

Testo Completo:
Sentenza n. 27429 del 28 maggio 2008 - depositata il 4 luglio 2008(Sezione Quarta Penale, Presidente L. Marini, Relatore G. Campanato)
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INTERCETTAZIONI TELEFONICHE

INTERCETTAZIONI TELEFONICHE – AUTORIZZAZIONE PREVENTIVA ALL’ESECUZIONE CON IMPIANTI “ESTERNI”, OVE NECESSARIO – INUTILIZZABILITA’ - RAGIONI
Sono inutilizzabili le intercettazioni telefoniche operate con impianti “esterni”, se il P.M. si sia limitato, ex art. 268, 3° co., c.p.p., a disporne, alternativamente, l’esecuzione con le apparecchiature in dotazione alla Procura della Repubblica, ovvero, in caso di insufficienza od inidoneità di queste ultime, presso la sala di ascolto del Nucleo operativo della P.G.: i presupposti che legittimano eventuali deroghe al sistema ordinariamente previsto per l’esecuzione delle intercettazioni devono, infatti, essere vagliati e richiamati dal P.M. attraverso la motivazione del provvedimento che le dispone prima della loro specifica esecuzione, non genericamente in via preventiva, poiché in tal modo i previsti controlli e le necessarie valutazioni vengono – di fatto – delegate alla P.G. che effettua le operazioni.

Testo Completo:
Sentenza n. 26125 del 14 maggio 2008 - depositata il 30 giugno 2008(Sezione Quarta Penale, Presidente A. Morgigni, Relatore G. Campanato)
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RIFIUTI

RIFIUTI - NOZIONE DI RIFIUTO - COKE DA PETROLIO (PET - COKE) - MODIFICHE INTRODOTTE DAL D.LGS. N. 4/2008 - ESCLUSIONE DALLA DISCIPLINA SUI RIFIUTI - CONDIZIONI
Con la decisione in esame, la Corte – adita in fase cautelare a seguito del sequestro probatorio avente ad oggetto un cumulo di coke da petrolio importato dall’estero, trasportato via mare e successivamente depositato su un terreno – dopo aver analiticamente ripercorso la disciplina normativa relativa al coke da petrolio utilizzato come combustibile per uso produttivo (D.Lgs. n. 22 del 1997; d.l. n. 22 del 2002, conv. in L. n. 82 del 2002 che ha introdotto l’art. 8 f – quater) del decreto Ronchi; D.Lgs. n. 152 del 2006, artt. 185, comma primo, lett. i)e 293; D.Lgs. n. 4 del 2008) e l’incidenza che su tale disciplina hanno avuto i ripetuti interventi del Giudice comunitario anche con riferimento alla rilevanza sul tema del cosiddetto principio di precauzione (Corte Giustizia CE, 15 gennaio 2004, n. 235/02; Corte Giustzia CE, 14 aprile 2005, n. 6/03), ha affermato che l’esclusione dal campo di applicazione della disciplina dei rifiuti del coke da petrolio (o pet – coke) commercializzato e destinato alla combustione (art. 185, D.Lgs. n. 152 del 2006) è consentita purchè siano rispettate le condizioni di cui all’art. 293 del citato D.Lgs. n. 152; diversamente, la disciplina autorizzatoria prevista in generale per la gestione dei rifiuti si applica anche al pet – coke ove quest’ultimo, commercializzato e destinato alla combustione, non soddisfi le condizioni per tale utilizzo, in particolare nel caso in cui sia presente una quantità di zolfo eccedente la soglia massima prevista dall’allegato X alla parte V del D.Lgs. n. 152 del 2006 e richiede un trattamento per rientrare nei limiti della soglia di utilizzabilità.

Testo Completo:
Sentenza n. 28229 del 9 maggio 2008 - depositata il 10 luglio 2008(Sezione Terza Penale, Presidente G. De Maio, Relatore G. Amoroso)
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VENDITA DI PRODOTTI INDUSTRIALI CON SEGNI MENDACI

DELITTI CONTRO L’ECONOMIA PUBBLICA - VENDITA DI PRODOTTI INDUSTRIALI CON SEGNI MENDACI - MARCHIO FIGURATIVO - RIPRODUZIONE DI IMMAGINI - DISTINZIONE - NECESSITA'
Con la decisione in esame, la Corte – adita in fase cautelare a seguito del sequestro probatorio avente ad oggetto alcuni grembiuli recanti immagini riproducenti personaggi di fumetti o di cartoni animati – ha affermato che la riproduzione di una figura o di un personaggio di fantasia che costituisce esso stesso marchio o segno distintivo del prodotto (c.d. marchio figurativo) impone, ai fini della configurabilità del reato di vendita di prodotti industriali con segni mendaci (art. 517 cod. pen.), che detta raffigurazione sia idonea ad ingenerare in qualche modo confusione nei consumatori in ordine ad una determinata origine, provenienza o qualità della merce risultante dal marchio apposto e regolarmente registrato; diversamente, il fumus del predetto reato non è ipotizzabile ove la riproduzione abusiva delle immagini apposte sugli oggetti ha solo la funzione di richiamare l’interesse dei possibili acquirenti per venire incontro ai gusti della clientela.

Testo Completo:
Sentenza n. 27986 del 9 aprile 2008 - depositata il 9 luglio 2008(Sezione Terza Penale, Presidente G. De Maio, Relatore A. M. Lombardi)

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CONTRATTI COLLETTIVI

CONTRATTI COLLETTIVI – PROCEDIMENTO PER L’ACCERTAMENTO PREGIUDIZIALE SU EFFICACIA, VALIDITA’ E INTERPRETAZIONE – ACCORDO RAGGIUNTO DALLE PARTI COLLETTIVE - VINCOLO PER IL GIUDICE – CONDIZIONI E LIMITI
Il giudice del merito, una volta che sia stato attivato lo speciale procedimento per l’accertamento pregiudiziale sull’efficacia, validità ed interpretazione dei contratti collettivi, di cui all'art. 64 del d.lgs. n. 165 del 2001, in ipotesi di invalidità della clausola controversa, non è vincolato, al fine di decidere se emettere o meno sentenza sulla questione di validità, a considerare raggiunto l'accordo ogni qualvolta le parti collettive attestino tale conclusione a prescindere dal contenuto concreto dell'atto conclusivo del procedimento.

Testo Completo:
Sentenza n. 16504 del 18 giugno 2008(Sezione Lavoro, Presidente G. Sciarelli, Relatore F. Curcuruto)
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GIUDIZIO DI ACCERTAMENTO SULLA PRETESA CONTRIBUTIVA DELL’ENTE PREVIDENZIALE

PREVIDENZA – GIUDIZIO DI ACCERTAMENTO SULLA PRETESA CONTRIBUTIVA DELL’ENTE PREVIDENZIALE – SUCCESSIVA ISCRIZIONE A RUOLO – OPPOSIZIONE – NECESSITA’ – ESCLUSIONE
Una volta che sia stata introdotta, e sia in corso, una causa di merito sulla fondatezza della pretesa contributiva previdenziale, non occorre che il contribuente instauri un secondo separato giudizio relativo anch'esso al merito sostanziale della pretesa dell'ente previdenziale, come è il giudizio di opposizione contro l'iscrizione a ruolo ai sensi dell'art. 24, comma 5, del d.lgs. n. 46 del 1999.

Testo Completo:
Sentenza n. 16203 del 16 giugno 2008(Sezione Lavoro, Presidente S. Mattone, Relatore S. Monaci)

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VALUTAZIONE DEL GIUDICE DI MERITO IN TEMA DI PRESUNZIONI

PROCESSO CIVILE – VALUTAZIONE DEL GIUDICE DI MERITO IN TEMA DI PRESUNZIONI – CENSURABILITA’ IN CASSAZIONE – VIZIO DI VIOLAZIONE DI LEGGE
In tema di presunzioni, la valutazione del giudice di merito sui caratteri della gravità, precisione e concordanza di cui all’art. 2729 cod. civ. è censurabile in sede di legittimità in forza dell'art. 360, n. 3, cod. proc. civ. e non già alla stregua del n. 5 dello stesso art. 360.

Testo Completo:
Sentenza n. 17535 del 26 giugno 2008(Sezione Terza Civile, Presidente P. Vittoria, Relatore R. Frasca)
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QUESTIONE RILEVATA D’UFFICIO – INSTAURAZIONE DEL CONTRADDITTORIO

PROCESSO CIVILE – QUESTIONE RILEVATA D’UFFICIO – INSTAURAZIONE DEL CONTRADDITTORIO – NECESSITA’
Il giudice non può decidere la lite in base ad una questione rilevata d’ufficio, senza averla previamente sottoposta alle parti al fine di provocare sulla stessa il contraddittorio e consentire lo svolgimento delle rispettive difese in relazione al mutato quadro della materia del contendere, dovendo invece procedere alla segnalazione della questione medesima e riaprire su di essa il dibattito, dando spazio alle conseguenziali attività delle parti.

Testo Completo:
Sentenza n. 15194 del 9 giugno 2008(Sezione Seconda Civile, Presidente A. Vella, Relatore U. Goldoni)

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FORO ERARIALE

PROCESSO CIVILE – COMPETENZA PER TERRITORIO – FORO ERARIALE
Risolvendo un contrasto insorto all’interno delle sezioni semplici, le S.U. hanno affermato l’applicabilità delle regole relative al foro erariale alle controversie che, prima dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 51 del 1998, erano attribuite alla competenza del Pretore per limiti di valore e che ora sono di competenza del Tribunale in composizione monocratica, ritenendo l’abrogazione per incompatibilità dell’art. 7 del r.d. n. 1611 del 1933. Contemporaneamente, hanno precisato che, rispetto ad alcune categorie di controversie (per es. quelle previdenziali), operano specifiche disposizioni legislative dove la competenza per territorio è determinata sulla base di elementi diversi e incompatibili rispetto a quelli del foro erariale, perciò destinati a prevalere su questo.

Testo Completo:
Ordinanza n. 18036 del 2 luglio 2008(Sezioni Unite Civili, Presidente V. Carbone, Relatore R. Rordorf)
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lunedì 21 luglio 2008

VIOLAZIONE DEGLI OBBLIGHI DI ASSISTENZA FAMILIARE

DELITTI CONTRO LA FAMIGLIA - VIOLAZIONE DEGLI OBBLIGHI DI ASSISTENZA FAMILIARE - DISCONOSCIMENTO DI PATERNITA' ACCERTATO CON SENTENZA PASSATA IN GIUDICATO - EFFICACIA EX NUNC
La Corte di Cassazione, nel riaffermare il principio di diritto secondo cui, in tema di assistenza familiare, l’obbligo penalmente sanzionato di corrispondere i mezzi vitali in favore del discendente di minore età permane finchè lo status dell’avente diritto non muti a seguito di sentenza passata in giudicato, ha precisato che, ai fini della integrazione del reato, il disconoscimento di paternità, sebbene accertato con sentenza passata in giudicato, opera ex nunc e non ex tunc. Il rapporto cui fa riferimento la fattispecie incriminatrice è collegato, infatti, ad una situazione ex lege, non alla filiazione naturale, con la conseguenza che l’elemento materiale del reato non puo’ ritenersi cancellato dal successivo accertamento dell’inesistenza del rapporto di filiazione.

Testo Completo:
Sentenza n. 27051 del 14 aprile 2008 - depositata il 3 luglio 2008(Sezione Sesta Penale, Presidente G. Ambrosini, Relatore D. Carcano)

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CONVALIDAZIONE DEL MARCHIO

MARCHI E BREVETTI – CONVALIDAZIONE DEL MARCHIO – CONFLITTO TRA MARCHI REGISTRATI – APPLICABILITA’
Mutando il proprio risalente orientamento (Cass. S.U. n. 1527 del 1967) le S.U. – preso atto delle posizioni della dottrina maggioritaria, condivise all’interno delle sezioni semplici, sia pure non in modo esplicito – in tema di convalidazione dei marchi (e in riferimento all’art. 48 del r.d. n. 929 del 1942, nel testo anteriore alle modifiche introdotte dall’art. 45 del d.lgs. n. 480 del 1992) ha affermato che l’istituto trova applicazione non solo nell’ipotesi di conflitto tra un marchio registrato e un marchio di fatto preusato ma anche nella diversa ipotesi di conflitto tra marchi registrati.

Testo Completo:
Sentenza n. 17927 del 1° luglio 2008(Sezioni Unite Civili, Presidente V. Carbone, Relatore S. Salvago)
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PROCEDIMENTO DISCIPLINARE A CARICO DI AVVOCATI

PROFESSIONI E PROFESSIONISTI – PROCEDIMENTO DISCIPLINARE A CARICO DI AVVOCATI – INCOMPATIBILITA’ DEL CONSIGLIO DELL’ORDINE PROCEDENTE
In tema di procedimento disciplinare a carico di avvocati, non costituisce causa di incompatibilità a procedere disciplinarmente da parte del Consiglio dell’ordine territorialmente competente il fatto che parte necessaria del procedimento stesso sia il pubblico ministero della Procura della Repubblica presso il tribunale che ha dato origine all’iniziativa disciplinare per fatti di rilevanza penale su cui essa stessa procede e che investono come parte lesa un magistrato della medesima Procura (nella fattispecie, il procedimento disciplinare era iniziato a seguito di espressioni offensive proferite da un legale nei confronti del pubblico ministero d’udienza alla lettura del dispositivo di condanna penale dell’imputato).

Testo Completo:
Sentenza n. 17760 del 30 giugno 2008(Sezioni Unite Civili, Presidente A. Criscuolo, Relatore M. Cicala)
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PRATICA FORENSE – SCADENZA DEL SESSENNIO DI PATROCINIO LEGALE

PROFESSIONI E PROFESSIONISTI – PRATICA FORENSE – SCADENZA DEL SESSENNIO DI PATROCINIO LEGALE – CANCELLAZIONE DAL REGISTRO DEI PRATICANTI – ESCLUSIONE
Il laureato in giurisprudenza iscritto nello speciale registro per la pratica forense ed ammesso, per un periodo non superiore a sei anni, ad esercitare, limitatamente a determinati procedimenti, il patrocinio legale, non potrà più, una volta decorso il sessennio, esercitare detto patrocinio, ma non dovrà subire la cancellazione dal registro anzidetto, potendo, quindi, continuare a mantenere l’iscrizione per coltivare l’interesse a proseguire la pratica forense.

Testo Completo:
Sentenza n. 17761 del 30 giugno 2008(Sezioni Unite Civili, Presidente A. Criscuolo, Relatore M. Cicala)

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MAGISTRATI – SANZIONI DISCIPLINARI

ORDINAMENTO GIUDIZIARIO – MAGISTRATI – SANZIONI DISCIPLINARI – PROCEDIMENTO – QUESTIONE DI COSTITUZIONALITA’ – MANIFESTA INFONDATEZZA
Nel procedimento giudiziario nei confronti di magistrati non è applicabile l’art. 415 bis c.p.p., che disciplina l’avviso di conclusione delle indagini preliminari, atteso che la fase della chiusura delle indagini trova una diversa disciplina nell’art. 17 del d.lgs. n. 109 del 2006; essendo assicurate all’incolpato adeguate garanzie di difesa, attraverso la comunicazione dell’inizio del procedimento (art. 15 dello stesso d.lgs.), è manifestamente infondata la questione di costituzionalità, prospettata in riferimento agli art. 3, 24 e 111 Cost., per la mancata applicabilità dell’art. 415 suddetto.

Testo Completo:
Sentenza n. 17935 del 1° luglio 2008(Sezioni Unite Civili, Presidente P. Vittoria, Relatore E. Bucciante)
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giovedì 17 luglio 2008

PROCEDURE CONCORSUALI INTERNE - CONTROVERSIE -

LAVORO PUBBLICO - PROCEDURE CONCORSUALI INTERNE - CONTROVERSIE - LITISCONSORZIO
In materia di pubblico impiego privatizzato, nelle controversie relative all'espletamento di procedure concorsuali interne per il riconoscimento del diritto all'assegnazione del posto messo a concorso, sono contraddittori necessari i partecipanti nei cui confronti la decisione è destinata a produrre effetti diretti, dovendo escludersi il litisconsorzio necessario ove sia chiesto solo il risarcimento del danno.

Testo Completo:
Sentenza n. 14914 del 5 giugno 2008(Sezione Lavoro, Presidente F. Miani Canevari, Relatore P. Picone)

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INFEZIONE CONTRATTA NEL CORSO DEL TRATTAMENTO EMODIALITICO

SALUTE - INFEZIONE CONTRATTA NEL CORSO DEL TRATTAMENTO EMODIALITICO - RISARCIMENTO DEL DANNO
In caso di infezione contratta nel corso del trattamento emodialitico, a causa di sostanze lasciate da altro paziente nella macchina destinata a ripulire il sangue dell'emodializzato, la fonte del risarcimento del danno non sarà la legge n. 210 del 1992, che prevede la corresponsione di indennizzi a favore di soggetti danneggiati da vaccinazioni obbligatorie o da trasfusioni di sangue, ma la responsabilità contrattuale per danni che lega l'azienda ospedaliera al paziente.

Testo Completo:
Sentenza n. 17975 del 1° luglio 2008(Sezione Lavoro, Presidente G. Sciarelli, Relatore V. Di Nubila)

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TUTELA DELLE CONDIZIONI DI LAVORO

LAVORO SUBORDINATO – TUTELA DELLE CONDIZIONI DI LAVORO
L'adozione, da parte del datore di lavoro, delle misure dirette ad evitare eventi dannosi per la salute dei lavoratori, non si esaurisce nell'osservanza di misure dirette ad evitare l’evento previste da specifiche disposizioni di legge, comprendendo anche misure “innominate”, necessarie per la particolarità del lavoro (giubbotto di protezione per dipendenti di istituti di vigilanza), per il cui funzionamento, ove esigano quotidianamente la collaborazione del dipendente, il datore di lavoro deve eseguire il relativo controllo con adeguata continuità.

Testo Completo:
Sentenza n. 18376 del 3 luglio 2008(Sezione Lavoro, Presidente S. Senese, Relatore P. Cuoco)
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ESPULSIONE EX ART. 86 D.LGS. N. 309 DEL 1990 - OMESSA STATUIZIONE

IMPUGNAZIONI - GIUDIZIO ABBREVIATO - CONDANNA - ESPULSIONE EX ART. 86 D.LGS. N. 309 DEL 1990 - OMESSA STATUIZIONE - RIMEDI ESPERIBILI DAL P.M.
La S.C. ha esaminato la questione relativa all’impugnabilità, da parte del pubblico ministero, della sentenza di condanna emessa all’esito del giudizio abbreviato per spaccio di stupefacenti che abbia omesso di statuire in ordine alla misura di sicurezza dell’espulsione ex art. 86 d.lgs. n. 309 del 1990: la Corte ha affermato che mentre è preclusa la proposizione dell’appello, il p.m. può impugnare la sentenza indicata con il ricorso per cassazione, chiedendone l’annullamento con rinvio per il necessario giudizio di pericolosità sociale dell’imputato e per le conseguenti determinazioni circa l’espulsione dello stesso.

Testo Completo:
Sentenza n. 27798 del 25 giugno 2008 - depositata l'8 luglio 2008(Sezione Prima Penale, Presidente P. Mocali, Relatore G. Canzio)
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DIVIETO DELLA REFORMATIO IN PEIUS

IMPUGNAZIONI – APPELLO DELL’IMPUTATO – DERUBRICAZIONE – EQUIVALENZA ATTENUANTI PRIMA PREVALENTI – DIVIETO DELLA REFORMATIO IN PEIUS – VIOLAZIONE – ESCLUSIONE
Non viene in rilievo il divieto della reformatio in peius nel caso in cui, pur in assenza di impugnazione del pubblico ministero, il giudice d’appello, derubricato il reato, ritenga equivalenti le circostanze attenuanti generiche già valutate prevalenti dal giudice di primo grado con riferimento alla più grave fattispecie criminosa poi sostituita.

Testo Completo:
Sentenza n. 23669 del 28 maggio 2008 - depositata l'11 giugno 2008(Sezione Seconda Penale, Presidente G. Casucci, Relatore P. Davigo)

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DELITTI CONTRO LA MORALITA’ PUBBLICA E IL BUON COSTUME

DELITTI CONTRO LA MORALITA’ PUBBLICA E IL BUON COSTUME – SFRUTTAMENTO DELLA PROSTITUZIONE CON VIOLENZA O MINACCIA – ESTORSIONE – CONCORSO – CONDIZIONI
Ricorre il delitto di estorsione, oltre al delitto di sfruttamento della prostituzione aggravato dall’uso della violenza o minaccia, quando attraverso la violenza o minaccia la persona che si prostituisce sia costretta a fare o ad omettere di fare alcunché, e da ciò consegua per lo sfruttatore un ingiusto profitto con danno per la persona sfruttata.

Testo Completo:
Sentenza n. 25682 del 10 giugno 2008 - depositata il 24 giugno 2008(Sezione Seconda Penale, Presidente A. S. Rizzo, Relatore A. Macchia)

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EMOLUMENTI RETRIBUTIVI ED ASSEGNI ALIMENTARI - AMMISSIBILITA’ – LIMITI

DELITTI CONTRO LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – SEQUESTRO PREVENTIVO FUNZIONALE ALLA CONFISCA PER EQUIVALENTE – EMOLUMENTI RETRIBUTIVI ED ASSEGNI ALIMENTARI - AMMISSIBILITA’ – LIMITI
In tema di sequestro preventivo funzionale alla successiva confisca per equivalente delle entità costituenti prezzo e/o profitto dei reati commessi dal pubblico dipendente in pregiudizio della pubblica amministrazione di appartenenza (nel caso di specie, per corruzione in atti giudiziari e concussione), la Suprema Corte ha affermato il principio secondo cui al divieto di sequestro, pignoramento e cessione di stipendi e assegni retributivi di dipendenti dello Stato e degli enti pubblici ai sensi del combinato disposto di cui agli art. 1 e 2 del d.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180 - con il solo limite della sequestrabilità in misura non eccedente un quinto del loro importo al netto delle ritenute – deve riconoscersi il valore di regola generale dell’intero ordinamento processuale, stante la riconducibilità dei predetti emolumenti (nella misura di 4/5) e degli assegni a carattere alimentare (per l’intero) nell’area dei diritti inalienabili della persona tutelati dall’art. 2 Cost..

Testo Completo:
Sentenza n. 25168 del 16 aprile 2008 - depositata il 19 giugno 2008(Sezione Sesta Penale, Presidente G. Ambrosini, Relatore G. Paoloni)
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ABUSO D’UFFICIO

DELITTI CONTRO LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – ABUSO D’UFFICIO – MEDICO STRUTTURA PUBBLICA – INVITO A RECARSI PRESSO AMBULATORIO PRIVATO
Integra il delitto di abuso d’ufficio il medico specialista di una struttura sanitaria pubblica che, dopo aver effettuato una visita ambulatoriale, inviti il paziente a recarsi nel suo laboratorio privato per un approfondimento diagnostico invece che indirizzarlo ad uno dei contigui presidi ospedalieri, perché tale condotta viola il dovere di astensione e realizza un ingiusto vantaggio patrimoniale in favore del medico che non cessa di esercitare l’attività di pubblico rilievo nella fase del dopo-visita.

Testo Completo:
Sentenza n. 27936 del 24 aprile 2008 - depositata l'8 luglio 2008(Sezione Sesta Penale, Presidente G. De Roberto, Relatore L. Lanza
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mercoledì 16 luglio 2008

RAPPORTI GIURISDIZIONALI CON AUTORITA’ STRANIERE

RAPPORTI GIURISDIZIONALI CON AUTORITA’ STRANIERE – RICONOSCIMENTO DI SENTENZA STRANIERA – PRESUPPOSTO - RISPETTO DEL CONTRADDITTORIO
Il riconoscimento della sentenza straniera, in particolare di un provvedimento di ingiunzione penale che comporta una procedura a contraddittorio eventuale e differito, presuppone che sia accertata l’osservanza nell’ambito del procedimento dello Stato estero del principio del contraddittorio nei suoi connotati essenziali, e quindi che il soggetto ingiunto abbia avuto l’effettiva possibilità di attivare la successiva fase processuale pienamente garantita.

Testo Completo:
Sentenza n. 24382 del 12 marzo 2008 - depositata il 16 giugno 2008(Sezione Sesta Penale, Presidente S. F. Mannino, Relatore G. Conti)


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MANDATO DI ARRESTO EUROPEO – AUTORITA’ GIUDIZIARIA EMITTENTE

RAPPORTI GIURISDIZIONALI CON AUTORITA’ STRANIERE – MANDATO DI ARRESTO EUROPEO – AUTORITA’ GIUDIZIARIA EMITTENTE – INDIVIDUAZIONE DELLA COMPETENZA
La Corte di Cassazione ha definito un conflitto di competenza insorto tra il Tribunale e il G.I.P. in relazione alla richiesta di emissione di un mandato d’arresto europeo nei confronti di imputati già attinti da ordinanze di custodia cautelare adottate dal GIP - per i quali il procedimento risultava successivamente pendente per il merito presso il Tribunale - osservando che, sulla base di un’interpretazione logico-sistematica degli artt. 28, 30 e 39 della L. n. 69/2005, la relativa competenza deve essere attribuita al giudice che procede (ossia, nel caso di specie, al Tribunale), avuto riguardo al considerevole lasso di tempo intercorso tra l’emissione della misura restrittiva e l’emissione del mandato di arresto e all’esigenza che l’organo emittente sia pienamente a conoscenza dell’iter processuale compiuto, si’ da assolvere ai numerosi incombenti che la legge impone al riguardo (informazioni, relazione di accompagnamento, informazioni integrative). (V., sul punto, Cass., Sez. I, 19 aprile 2006, Abdelwahab, Rv. 233578).

Testo Completo:
Sentenza n. 26635 del 29 aprile 2008 - depositata il 2 luglio 2008(Sezione Prima Penale, Presidente S. Chieffi, Relatore M. C. Siotto)

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REATO - SUCCESSIONE DI LEGGI TEMPORANEE O ECCEZIONALI

REATO - SUCCESSIONE DI LEGGI TEMPORANEE O ECCEZIONALI - LEGGI PENALI MILITARI
La S.C. ha affrontato la questione relativa all’applicabilità della disciplina più favorevole del codice penale militare di pace, di cui alla L. 4 agosto 2006, n. 247, al personale militare che partecipa alle missioni all’estero, anche in relazione ai fatti commessi nel vigore della disciplina - anteriore a tale legge - che rinviava al codice penale militare di guerra. La Corte, attribuita a tali leggi natura di leggi temporanee, ha affermato che la regola derogatoria prevista dall’art. 2, comma 5, cod. pen. non trova applicazione in caso di successione di norme, tutte, parimenti temporanee o eccezionali, laddove esse abbiano la medesima ratio e siano dirette ad una migliore messa a punto della disciplina relativa alla medesima situazione.

Testo Completo:
Sentenza n. 26316 del 27 maggio 2008 - depositata il 1° luglio 2008(Sezione Prima Penale, Presidente S. Chieffi, Relatore M. C. Siotto)

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venerdì 11 luglio 2008

STUPEFACENTI - COLTIVAZIONE << DOMESTICA >> DESTINATA AD USO PERSONALE

STUPEFACENTI - COLTIVAZIONE <<>> DESTINATA AD USO PERSONALE - IRRILEVANZA PENALE - ESCLUSIONE - INOFFENSIVITA' DELLA CONDOTTA - NOZIONE
Con due sentenze rese in pari data, le Sezioni Unite hanno chiarito che "costituisce condotta penalmente rilevante qualsiasi attività non autorizzata di coltivazione di piante dalle quali sono estraibili sostanze stupefacenti, anche quando sia realizzata per la destinazione del prodotto ad uso personale", osservando in particolare che: (a) non è individuabile un "nesso di immediatezza tra la coltivazione e l'uso personale", ed è conseguentemente impossibile "determinare ex ante la potenzialità della sostanza drogante ricavabile dalla coltivazione" (cfr. Corte cost. n. 360 del 1995): la fattispecie in esame ha, infatti, natura di reato di pericolo presunto, che fonda sulle "esigenze di tutela della salute collettiva", bene giuridico primario che "legittima sicuramente il legislatore ad anticiparne la protezione ad uno stadio precedente il pericolo concreto"; (b) il fatto che, anche dopo l'intervento normativo del 2006, gli artt. 73 co. 1-bis e 75 co. 1 d. P.R. n. 309 del 1990 non richiamino la condotta di <<>>, lascia ritenere, nel rispetto delle garanzie di riserva di legge e di tassatività, che il legislatore ha inteso "attribuire a tale condotta comunque e sempre una rilevanza penale"; (c) è arbitraria la distinzione tra <<>> ovvero <<>> e <<>>, non legittimata da alcun riferimento normativo, e superata dal rilievo che qualsiasi tipo di <<>> è caratterizzato dal dato essenziale e distintivo rispetto alla <<>> di "contribuire ad accrescere … la quantità di sostanza stupefacente esistente". A parere del Supremo Collegio, spetta inoltre al giudice "verificare se la condotta, di volta in volta contestata all'agente ed accertata, sia assolutamente inidonea a porre a repentaglio il bene giuridico protetto, risultando in concreto inoffensiva"; peraltro, la condotta de qua è <<>> soltanto "se la sostanza ricavabile dalla coltivazione non è idonea a produrre un effetto stupefacente in concreto rilevabile".

Testo Completo:
Sentenza n. 28605 del 24 aprile 2008 - depositata il 10 luglio 2008(Sezioni Unite Penali, Presidente V. Carbone, Relatore A. Fiale)
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mercoledì 9 luglio 2008

ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICO INTERESSE

ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICO INTERESSE (O UTILITA') - RISARCIMENTO DEL DANNO - OCCUPAZIONE APPROPRIATIVA - PRESCRIZIONE DEL DIRITTO AL RISARCIMENTO DEL DANNO - RINUNCIA
Verificatasi l'occupazione appropriativa, gli atti dell'amministrazione rivolti ad offrire, liquidare o depositare una somma a titolo non di risarcimento del danni, ma di indennità espropriativa o di corrispettivo forfetario dell'effettuato acquisto, non possono di per sé integrare rinuncia "per facta concludentia" ad opporre la prescrizione del relativo diritto al risarcimento del danno (art. 2937, ultimo comma, cod. civ.), atteso che tale comportamento, riferendosi ad un'obbligazione distinta, alternativa e soggetta a disciplina differenziata rispetto al suddetto debito risarcitorio, non si pone in relazione d'incompatibilità assoluta con la volontà di conservare l'indicata eccezione.

Testo Completo:
Sentenza n. 14350 del 29 maggio 2008(Sezione Prima Civile, Presidente R. De Musis, Relatore S. Del Core)

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martedì 8 luglio 2008

PENA – ESTINZIONE

PENA – ESTINZIONE – L. N. 207 DEL 2003 – CONDANNE ANTERIORI E POSTERIORI AL LIMITE TEMPORALE – MODALITA’ DI ESPIAZIONE – PREVALENZA DELLE FORME ORDINARIE
Nel caso in cui vengano in esecuzione contemporaneamente condanne divenute esecutive parte prima e parte dopo l’entrata in vigore della L. n. 207 del 2003 non è possibile effettuare una scissione delle pene concorrenti per imputare il presofferto alla pena divenuta esecutiva dopo tale termine, e tutte debbono essere scontate nelle forme ordinarie. La circostanza che la sentenza n. 255 del 2006 della Corte Costituzionale abbia imposto anche in relazione all’ “indultino” l’espletamento di un giudizio di meritevolezza, e quindi una sorta di equiparazione alle misure alternative alla detenzione, non consente di giungere ad imputare il presofferto ad una pena divenuta esecutiva dopo l’entrata in vigore di quella legge.

Testo Completo:
Sentenza n. 25740 del 17 giugno 2008 - depositata il 25 giugno 2008(Sezione Prima Penale, Presidente P. Mocali, Relatore P. Piraccini)

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REATO- PRESCRIZIONE

REATO- PRESCRIZIONE – LEGGE 5/12/2005 N. 251 – DISCIPLINA TRANSITORIA
L’art. 10, comma 3, della L. n. 251 del 2005, nella parte in cui esclude l’applicazione dei termini più brevi ai processi pendenti in appello e in sede di legittimità, dev’essere interpretato in senso unitario, sicché l’esclusione riguarda tutte le disposizioni che comportino un’abbreviazione dei termini, compresa quella che impone un limite alla sospensione del termine di prescrizione non superiore ai sessanta giorni. Pertanto, l’imputato di un reato contravvenzionale, commesso prima dell’entrata in vigore della L. n. 251, non può chiedere contemporaneamente l’applicazione dei termini di prescrizione di cui alla previgente normativa, in quanto più favorevoli, e l’applicazione della nuova disciplina dei termini di sospensione della prescrizione in caso di impedimento del difensore.

Testo Completo:
Sentenza n. 25714 del 17 giugno 2008 - depositata il 25 giugno 2008(Sezione Prima Penale, Presidente P. Mocali, Relatore P. Piraccini)

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ACCERTAMENTO DELLE IMPOSTE SUI REDDITI

TRIBUTI ERARIALI DIRETTI – ACCERTAMENTO DELLE IMPOSTE SUI REDDITI – ATTIVITA’ DI ODONTOIATRA
Ai fini della ricostruzione del reddito e dell’accertamento di tipo analitico-induttivo, ai sensi dell’art. 39 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, l’Ufficio può verificare il consumo dei guanti monouso utilizzati dal contribuente per la sua attività di odontoiatra, dal momento che esiste una correlazione tra il materiale di consumo utilizzato e gli interventi sui pazienti.

Testo Completo:
Sentenza n. 14879 del 9 aprile giugno 2008 (Sezione Tributaria, Presidente E. Papa, Relatore V. Zanichelli)


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AVVOCATI – SANZIONI DISCIPLINARI – PROCESSO

PROFESSIONI E PROFESSIONISTI – AVVOCATI – SANZIONI DISCIPLINARI – PROCESSO
Le S.U., mutando un risalente orientamento (n. 6781 del 1983), hanno affermato che nei procedimenti dinanzi al Consiglio Nazionale Forense la riassunzione del giudizio in sede di rinvio, dopo la pronuncia della Cassazione, deve essere fatta a cura della parte e non d’ufficio ad opera del medesimo Consiglio, risultando in tale ultimo caso inammissibile con conseguente estinzione del processo.

Testo Completo:
Sentenza n. 17938 del 1° luglio 2008(Sezioni Unite Civili, Presidente V. Carbone, Relatore A. Merone)

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ORDINAMENTO GIUDIZIARIO – MAGISTRATI – SANZIONI DISCIPLINARI

ORDINAMENTO GIUDIZIARIO – MAGISTRATI – SANZIONI DISCIPLINARI
Lede il prestigio dell’ordine giudiziario (art. 18, r.d.l. n. 511 del 1946, ora art. 2, c. 1, lett. q) ed r), d.lgs. n. 109 del 2006) il magistrato che intrattenga rapporti con noti esponenti di gruppi economici di rilievo nazionale, proponendosi e dichiarandosi disponibile per consigli e informazioni in ordine all’attività di indagine in corso presso altro ufficio, rilevando l’idoneità di tali informazioni ad accreditarlo quale preziosa fonte e restando ininfluente l’effettiva veridicità delle informazioni fornite.

Testo Completo:
Sentenza n. 17931 del 1° luglio 2008(Sezioni Unite Civili, Presidente P. Vittoria, Relatore F. M. Fioretti)
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ORDINAMENTO GIUDIZIARIO – MAGISTRATI – SANZIONI DISCIPLINARI

ORDINAMENTO GIUDIZIARIO – MAGISTRATI – SANZIONI DISCIPLINARI
Lede il prestigio dell’ordine giudiziario (art. 18, r.d.l. n. 511 del 1946, ora art. 2, c. 1, lett. q) ed r), d.lgs. n. 109 del 2006) il magistrato che si assenti dall’ufficio per molti mesi per motivi di salute (aspettativa, congedo straordinario) e nello stesso periodo svolga attività sportiva, incompatibile con le lamentate condizioni fisiche, diffusa attraverso i mezzi di informazione. Fattispecie relativa a magistrato che durante i suddetti periodi si allenava alla partecipazione di regata transoceanica.

Testo Completo:
Sentenza n. 17929 del 1° luglio 2008(Sezioni Unite Civili, Presidente P. Vittoria, Relatore A. Spirito)

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GIURISDIZIONE – REGOLAMENTO PREVENTIVO

GIURISDIZIONE – REGOLAMENTO PREVENTIVO - FATTISPECIE
E’ ammissibile il regolamento di giurisdizione rispetto ad una controversia pendente dinanzi al giudice amministrativo e vertente tra privati, nei casi patologici (atteso che in linea di principio non dovrebbe verificarsi che innanzi al giudice speciale non sia parte una pubblica amministrazione) in cui un privato abbia instaurato dinanzi ad esso una controversia nei confronti di altro privato. In tali casi, escludere l’ammissibilità del regolamento preventivo significherebbe negare un mezzo di tutela al privato convenuto da altro privato dinanzi ad un giudice palesemente privo di giurisdizione. Fattispecie relativa a richiesta di pagamento di onorari da parte di un avvocato a un proprio cliente, ai sensi della procedura speciale di cui agli artt. 28 e 29 della legge n. 794 del 1942.

Testo Completo:
Ordinanza n. 15916 del 13 giugno 2008(Sezioni Unite Civili, Presidente V. Carbone, Relatore E. Malpica)
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CONSULTAZIONI ELETTORALI POLITICHE

COMUNE - IN GENERE - CONSULTAZIONI ELETTORALI POLITICHE - ANTICIPAZIONE DELLE SPESE DA PARTE DEL COMUNE - OBBLIGO DI RIMBORSO DA PARTE DELL'AMMINISTRAZIONE STATALE - LIMITI - CONTROLLO DA PARTE DEL MINISTERO DELL'INTERNO - PORTATA - CONSEGUENZE
La Corte di cassazione, con la sentenza n. 16595 del 2008, ha precisato che in materia di consultazioni elettorali politiche, il Comune, che a norma dell’art. 17, commi 1 e 6 della legge 23 aprile 1976 n. 136, è autorizzato ad anticipare le relative spese con diritto al rimborso da parte dello Stato, opera quale organo periferico dell’Amministrazione statale e non esercita le funzioni proprie di ente autonomo territoriale. In conseguenza di ciò, è stato affermato che nei rapporti con il Ministero dell’Interno vige un sistema di controllo, da parte del dicastero, di tipo repressivo-sostitutorio, sicchè l’Amministrazione statale, non si limita al mero riscontro delle spese anticipate, ma le esamina nel merito, anche attraverso valutazioni discrezionali sull’opportunità degli impegni di spesa assunti dall’ente delegato, verificandone la funzionalizzazione alle attività connesse all’esercizio del diritto di voto e procedendo, in caso di esito negativo, alla riduzione.

Testo Completo:
Sentenza n. 16595 del 18 giugno 2008 (Sezione Prima Civile, Presidente R. De Musis, Relatore S. Del Core)

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giovedì 3 luglio 2008

PERSONA GIURIDICA – RESPONSABILITA’ DA REATO

PERSONA GIURIDICA – RESPONSABILITA’ DA REATO – CONFISCA DEL PROFITTO DEL REATO – NOZIONE DI PROFITTO
Pronunziandosi per la prima volta sulla responsabilità degli enti collettivi da reato, le Sezioni Unite hanno affermato che il profitto del reato oggetto di confisca ai sensi dell’art. 19 del d. lgs. n. 231 del 2001 si identifica con il vantaggio economico di diretta e immediata derivazione causale dal reato presupposto, ma che nel caso in cui questo venga consumato nell’ambito di un rapporto sinallagmatico (“reato in contratto”), non possa essere considerata tale anche l’utilità eventualmente conseguita dal danneggiato in ragione dell’esecuzione da parte dell’ente delle prestazioni che il contratto gli imponeva. La Corte ha in proposito precisato che nella ricostruzione della nozione di profitto oggetto di confisca non può farsi ricorso a parametri valutativi di tipo aziendalistico (quali ad esempio quelli del “profitto lordo” e del “profitto netto”), ma che al contempo tale nozione non può essere dilatata fino a determinare un’irragionevole e sostanziale duplicazione della sanzione nelle ipotesi in cui l’ente adempiendo al contratto, che pure trova la sua genesi nell’illecito, ha posto in essere un’attività i cui risultati economici non possono essere posti in collegamento diretto ed immediato con il reato.

Testo Completo:
Sentenza n. 26654 del 27 marzo 2008 - depositata il 2 luglio 2008(Sezioni Unite Penali, Presidente T. Gemelli, Relatore N. Milo)
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martedì 1 luglio 2008

DELITTI CONTRO LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

DELITTI CONTRO LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – ABUSO D’UFFICIO – VIOLAZIONE DI LEGGE – RILEVANZA DEL PRINICPIO DI IMPARZIALITA’
Il profilo della violazione di norme di legge, costitutivo della struttura del delitto di abuso d’ufficio, può ben sostanziarsi nella violazione del principio di imparzialità di cui all’art. 97 Cost. per la parte in cui ha diretto riguardo all’attività della pubblica amministrazione, esprimendo la regola di immediata applicazione del divieto di favoritismi e quindi dell’obbligo di trattare tutti i soggetti portatori di interessi tutelabili con la medesima misura. La Corte ha così concluso che è ravvisabile il delitto di abuso d’ufficio, per violazione del principio di imparzialità in questa particolare accezione, nel caso in cui il funzionario della Motorizzazione civile provveda sistematicamente al preferenziale disbrigo delle pratiche avviate da una specifica agenzia, a discapito delle altre agenzie di pratiche automobilistiche.

Testo Completo:
Sentenza n. 25162 del 12 febbraio 2008 - depositata il 19 giugno 2008(Sezione Sesta Penale, Presidente G. De Roberto, Relatore G. Fidelbo)
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RAPPORTI GIURISDIZIONALI CON AUTORITA’ STRANIERE

RAPPORTI GIURISDIZIONALI CON AUTORITA’ STRANIERE – RICONOSCIMENTO DI SENTENZA STRANIERA – PRESUPPOSTO - RISPETTO DEL CONTRADDITTORIO
Il riconoscimento della sentenza straniera, in particolare di un provvedimento di ingiunzione penale che comporta una procedura a contraddittorio eventuale e differito, presuppone che sia accertata l’osservanza nell’ambito del procedimento dello Stato estero del principio del contraddittorio nei suoi connotati essenziali, e quindi che il soggetto ingiunto abbia avuto l’effettiva possibilità di attivare la successiva fase processuale pienamente garantita.

Testo Completo:
Sentenza n. 24382 del 12 marzo 2008 - depositata il 16 giugno 2008(Sezione Sesta Penale, Presidente S. F. Mannino, Relatore G. Conti)

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LITISCONSORZIO NECESSARIO NEL PROCESSO TRIBUTARIO

TRIBUTI (IN GENERALE) - CONTENZIOSO TRIBUTARIO - PROCEDIMENTO
LITISCONSORZIO NECESSARIO NEL PROCESSO TRIBUTARIO - ACCERTAMENTO IN RETTIFICA DELLE DICHIARAZIONI DEI REDDITI DI SOCIETA' ED ASSOCIAZIONI - RICORSO PROPOSTO DA ALCUNI DEI SOGGETTI INTERESSATI - LITISCONSORZIO NECESSARIO ORIGINARIO - SUSSISTENZACon la sent. 14815, le Sezioni Unite della Suprema Corte, hanno affermato che in materia tributaria, l'unitarietà dell'accertamento che è alla base della rettifica delle dichiarazioni dei redditi delle società ed associazioni di cui all'art. 5 d.P.R. 22/12/1986 num. 917 e la conseguente automatica imputazione dei redditi della società a ciascun socio, proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili ed indipendentemente dalla percezione degli stessi, comporta che il ricorso tributario proposto, anche avverso un solo avviso di rettifica, da uno dei soci o dalla società, riguarda inscindibilmente sia la società che tutti i soci - salvo il caso in cui questi prospettino questioni personali -, sicchè tutti devono essere parte dello stesso procedimento e la controversia non può essere decisa limitatamente ad alcuni soltanto di essi. Conseguentemente il ricorso proposto anche da uno soltanto dei soggetti interessati impone l'integrazione del contraddittorio ai sensi dell'art. 14 d.lgs. 546/92 (salva la possibilità di riunione ai sensi del successivo art. 29) ed il giudizio celebrato senza la partecipazione di tutti i litisconsorzi necessari è affetto da nullità assoluta, rilevabile in ogni stato e grado del procedimento, anche di ufficio.

Testo Completo:
Sentenza n. 14815 del 4 giugno 2008(Sezioni Unite Civili, Presidente V. Carbone, Relatore A. Merone)

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MOTIVAZIONE DI UNA DECISIONE CONSISTENTE NEL RINVIO ALLE ARGOMENTAZIONI SVOLTE NELL'ALTRA

TRIBUTI (IN GENERALE) - CONTENZIOSO TRIBUTARIO - PROCEDIMENTO DECISIONI RELATIVE A QUESTIONI LEGATE DA VINCOLO DI CONSEQUENZIALITA' NECESSARIA O DI PREGIUDIZIALITA' RECIPROCA - MOTIVAZIONE DI UNA DECISIONE CONSISTENTE NEL RINVIO ALLE ARGOMENTAZIONI SVOLTE NELL'ALTRA - AMMISSIBILITA' - CONDIZIONI
La S.C., a Sezioni Unite, con la sent. 14814 del 2008, ha affermato che nel procedimento tributario, allorchè il medesimo organo giudicante si trovi a pronunciare contestualmente più decisioni in rapporto di consequenzialità necessaria, ed in particolare di pregiudizialità reciproca - come nel caso della controversia concernente l'obbligazione tributaria per reddito da capitale derivante da fondi all'estero non dichiarati e della controversia concernente le sanzioni previste per la violazione dell'obbligo di dichiarazione, in relazione ai suddetti fondi - la motivazione utilizzata può essere redatta “per relationem” rispetto ad altra sentenza assunta simultaneamente, purchè la motivazione stessa non si limiti alla mera indicazione della fonte di riferimento, ma riproduca i contenuti mutuati, così che questi diventino oggetto di autonoma valutazione critica nel contesto della diversa - anche se connessa - causa “sub iudice”. Tale motivazione è, tuttavia, nulla allorchè dissimuli un vizio procedurale più radicale, come nel caso in cui sia richiamata una decisione che avrebbe potuto essere pronunciata in un processo unico (ipotesi di litisconsorzio necessario), ovvero nel caso in cui il processo avrebbe potuto essere sospeso in attesa della decisione connessa (in ipotesi di pregiudiziale obbligatoria); in questi casi, infatti, la motivazione “per relationem” risulta nulla, perché utilizzata al solo scopo di porre rimedio artificiosamente alla antecedente violazione dell'art. 14 d.lgs. 546/1992 o dell'art. 295 c.p.c..

Testo Completo:
Sentenza n. 14814 del 4 giugno 2008(Sezioni Unite Civili, Presidente V. Carbone, Relatore A. Merone)

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